Rompiamo il silenzio contro la menzogna

Una volta non avevo stima e simpatia per Roberto Saviano, ma devo dire che al tempo non mi ero mai soffermato più di tanto sulle sue esternazioni. Successivamente, ascoltandolo con maggiore attenzione senza lasciarmi fuorviare da critiche di parte ormai divenute luoghi comuni, ho iniziato ad apprezzarlo. E l’appello lanciato ieri tramite Repubblica ed indirizzato a personaggi pubblici influenti, mi sento di sottoscriverlo in pieno. Se non lo avete letto vi invito a farlo, qui sotto.

Dove siete? Perché vi nascondete? Amici cari, scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, oggi non possiamo permetterci più di essere solo questo. Oggi le persone pubbliche, tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare a una comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo mi sta bene. Ogni parola ha una conseguenza, certo, ma anche il silenzio ha conseguenze, diceva Sartre. E il silenzio, oggi, è un lusso che non possiamo permetterci. Il silenzio, oggi, è insopportabile.

Chi in questi mesi non si è ancora espresso – a fronte di chi invece lo sta facendo con coraggio – tace perché sa, come lo so io, che a chi fa il nostro lavoro parlare non conviene. Spesso sento dire o leggo: “Chi esprime il proprio pensiero lo fa per avere visibilità”, ma è una visibilità che ti fa guadagnare migliaia di insulti sui social e la diffidenza di chi dovrebbe sostenere il tuo lavoro perché si sente chiamato a dar conto delle tue affermazioni. Quello che nessuno ha il coraggio di dire è che spesso si tace per non essere divisivi, perché si teme che arrivino meno proposte, meno progetti. Ma se la pensiamo così, abbiamo già perso, perché ci siamo rassegnati a non stimolare riflessioni e ad assecondare chi crede che la realtà sia riducibile a parole d’ordine come “buonista”, “radical chic”, “taxi del mare”, “chiudiamo i porti”, “un bacione”, “una carezza” ed emoticon da adolescente.

Spesso si tace perché si sa che prendere posizione comporta dividere non solo il pubblico che ti segue sui social, ma anche e soprattutto chi dovrebbe comprare i tuoi libri, comprare i biglietti dei tuoi spettacoli, venirti a vedere al cinema o non cambiare canale quando ti vede in televisione. Ma davvero credete che quello che sta succedendo sia accettabile? Per quanto tempo credete di poter sopportare ancora senza esprimere il vostro dissenso?

Con Berlusconi, in fondo, era tutto più chiaro: c’era lui e c’eravamo noi. Criticarlo portava conseguenze, reazioni forti, artiglieria di fango, ma c’era una comunità attiva, che si stringeva attorno a chi lo faceva. Prendere posizione contro Berlusconi non significava perdere share, copie, consenso. Con Berlusconi era agevole farsi capire anche Oltralpe perché il Cavaliere era in fondo la macchietta italica, un carattere riconoscibile della commedia dell’arte. Oggi non è più così e in questo governo si stenta a scorgere i germi di qualcosa di estremamente pericoloso. “Fai il tuo lavoro e basta” è il richiamo all’ordine che subisce il calciatore che esprime la sua opinione sui migranti, l’attore che indossa la maglietta rossa. E il richiamo all’ordine è già un ricatto: guadagni con il tuo lavoro, non accettiamo commenti politici da chi ha il culo al caldo.

Oggi c’è fastidio verso chi travalica i confini del proprio lavoro e del proprio ruolo per fare quello che sarebbe invece normale: controllare chi ci governa perché, anche se legittimato alle urne, non tradisca non solo il proprio mandato, ma soprattutto la nostra storia e i valori che ci hanno consentito di vivere decenni di pace. La nostra Democrazia è una Democrazia giovane e fragile, ma è prima di tutto antifascista e antirazzista.

Vi sembra che oggi questo governo si stia muovendo nel rispetto dei valori che sono alla base della nostra Costituzione? Che si stia muovendo e che stia comunicando all’interno di un perimetro di sicurezza? Non vi sembra piuttosto che i 70 anni di prosperità e pace appena trascorsi ci abbiamo resi permeabili a partiti politici xenofobi? Che ci abbiano resi disattenti se non disinteressati a vigilare su diritti che una volta acquisiti, se non li difendiamo, possono essere spazzati via da qualche post su Facebook e da una manciata di tweet?

Questo governo, in maniera maldestra ma evidentemente efficace, speculando sulle difficoltà di molti, utilizza come arma di distrazione di massa l’attacco ai migranti e alle Ong. Sta accadendo un orrore davanti al quale non si può tacere: mentre il M5S e la Lega litigano sui punti fondamentali del loro accordo, ci fanno credere che il nostro problema siano i migranti. E se mi rispondete che i governi precedenti hanno fatto altrettanto vi rispondo: non si erano spinti fino a questo punto, ma di certo hanno asfaltato la strada perché tutto questo accadesse. E se mi dite che avete votato per Lega e M5S per ribaltare il tavolo, perché era l’unico modo per mandare via una classe dirigente che aveva fallito sotto ogni profilo, vi dico: vigilate, non delegate, aprite gli occhi perché le cose si stanno mettendo male, male per tutti. Male non solo per i migranti o per le voci che dissentono, ma anche per voi.

Sant’Agostino scrive: “Se togliete la giustizia, che cos’altro sono i grandi Stati se non delle associazioni di ladri? […] Se una di queste bande funeste si accresce con altri briganti fino al punto di occupare tutta una regione, […] di dominare delle città, ecco che si arroga il nome di Stato”. Quando la politica perde il sentiero della giustizia, si spoglia della sua carne lasciando scoperta l’ossatura banditesca. Sapete perché cito Sant’Agostino? Perché questo passaggio spiega bene come sia possibile che il potere, anche quando iniquo, anche quando ingiusto, anche quando incapace e anche quando criminale, viva indisturbato. Sapete di cosa si sostanzia l’omertà di fronte alle mafie? Se credete solo di paura vi sbagliate. Il pensiero che la protegge è questo: giudico un boss per quello che fa a me. Mi ha maltrattato? No. Ha intimidito qualcuno della mia famiglia? No. E allora per me va bene.

Allo stesso modo oggi pensare che, solo perché questo governo, per ora, non ha toccato noi personalmente – la querela a me è solo un granello se paragonata ai colpi mortali che questo governo sta infliggendo allo Stato di Diritto – e i nostri interessi, possiamo esimerci dal prendere posizione, è atteggiamento ingenuo e irresponsabile che sta legittimando scelte e comportamenti scellerati.

Questo non è uno scontro tra me e Matteo Salvini. Per me non c’è nulla di personale, sento fortissimi il dovere e la necessità di parlare per chi non ha voce. Per i seicentomila immigrati presenti in Italia che devono essere regolarizzati ora, subito, perché siano sottratti allo stato di schiavitù in cui versano. Per le Ong che hanno iniziato a fare salvataggi in mare, aiutando gli Stati europei e l’Italia a gestire un fenomeno che non può essere bloccato, ma solo ben amministrato perché è palesemente una risorsa. Quei politici che oggi si ostinano ancora a sostenere il contrario, di politica e di economia non capiscono niente e sono un pericolo per la tenuta sociale del nostro Paese che è un Paese multietnico. Fieramente multietnico.

Oggi chiedo a voi, miei concittadini, di mobilitarvi per i diritti di tutti, perché anche se a voi oggi sembra di non far parte di questi “tutti”, siete già coinvolti. In nome di un presunto benessere, in nome di una maggiore sicurezza ci diranno che in fondo la libertà di espressione è una cosa da ricchi privilegiati, che parlare di diritti di chi fugge e trova inferno in terra e morte nel Mediterraneo è fare il gioco dei negrieri. Addirittura mi sento dire che con le mie critiche aiuto Salvini nei sondaggi: come sempre la colpa non è di chi appicca il fuoco, ma di chi tenta di spegnerlo. Salvini non sale nei sondaggi per colpa di chi lo critica, ma per responsabilità di chi tace e di chi mostra timidezza e timori.

La mobilitazione che vi chiedo è una mobilitazione che riguarda ciascuno di noi, parlate al vostro pubblico e non per me, che in tribunale e fuori so difendere da me le mie ragioni. Vi chiedo di mobilitarvi per difendere i diritti che a breve non ricorderete nemmeno più di aver avuto. Ci stanno facendo credere che non ne abbiamo bisogno, ma presto capiremo che più della tracotanza di questo governo, più dell’arroganza di Salvini, quello che ci sta condannando è il silenzio. La libertà d’espressione e la lotta per i diritti raccontati come “vizi” da élite contro il popolo, che invece invoca sicurezza. Ma la lotta per i diritti è sempre lotta per chi non può permetterseli e per chi spesso non può permettersi nemmeno di chiederli.

E ora voi mi direte: ma le nostre battaglie le facciamo con i nostri libri, con le nostre canzoni, con i nostri spettacoli, con la nostra ironia. È vero, è sempre stato così: ma ci sono dei momenti in cui diventa cruciale capire da che parte si sta e quindi non basta più delegare la resistenza alla propria arte. Dinanzi a menzogne che crescono incontrastate, a truppe cammellate di bugiardi di professione (al loro cospetto gli scherani di Berlusconi erano dilettanti), davanti al dolore che queste menzogne e questi bugiardi di professione provocano, abbiamo tutti il dovere di rispondere: NON È VERO!

Il solito antico scontro: l’arte che prende parte e quella che orgogliosamente disdegna l’ingaggio. La prima che si crede superiore alla seconda in nome dell’impegno e la seconda che si crede superiore alla prima perché rivendica il diritto alla purezza del disimpegno. Steccati che collassano dinanzi ai morti in mare e alle continue menzogne. Dovete parlare ai vostri lettori, ai vostri ascoltatori, a tutti coloro a cui con la vostra arte e il vostro lavoro avete curato l’anima. Abbiate fiducia in voi stessi, avete gettato le basi per essere ascoltati, non abbiate paura di dire a chi vi vuole bene che voi non state con tutto questo.

Ci sarà disorientamento all’inizio, riceverete critiche per aver rotto l’equilibrio dell’equidistanza, che però è fragile e già incrinato. Ma gli effetti virtuosi che domani avranno le vostre parole, vi ripagheranno delle reazioni scomposte degli hater oggi. Il trucco per delegittimarvi lo conoscete, quindi partite (partiamo) in vantaggio. Vi diranno: guadagni? Non puoi parlare. Era così che Mussolini trattava Matteotti prima che venisse ammazzato: sei figlio di benestanti? Non ti puoi occupare di istanze sociali. Pensateci: ma davvero siamo tornati a questo? E soprattutto, davvero stiamo accettando tutto questo? Accettiamo di essere intimiditi da questa comunicazione criminale? Dovremmo vergognarci del frutto del nostro lavoro? Accettare, come vogliono, che autentico sia solo chi tiene la testa bassa?

Scrittori, l’attacco al libro, alla conoscenza, al sapere è quotidiano. “Vai a lavorare” viene detto a chi scrive. Il primo passo di qualsiasi deriva autoritaria parte da disconoscere la fatica intellettuale, togliere alle parole la dignità di lavoro. In questo modo resta solo la propaganda. Editori, non sentite franare la terra sotto i vostri piedi? Prendete parte, non c’è salvezza nel prudente procedere. Bisogna investire casa per casa, strada per strada e conquistare lettori, ossia persone in grado di poter capire il mondo e non subirlo con le maree del rancore: la conoscenza è uno strumento preziosissimo di emancipazione dalla miseria personale, difendiamo questo strumento. Difendiamolo con tutte le nostre energie.

Tra i soccorritori di Josephine, l’unica superstite del naufragio che ha mostrato ancora una volta l’inadeguatezza della Guardia costiera libica a compiere missioni umanitarie, c’era Marc Gasol, uno dei giocatori di basket più forti del mondo, una roccia di due metri e dieci. Dite un po’, cosa rispondereste a chi dice: Marc Gasol è ricco, non può occuparsi di chi soffre? Vi sembra un’obiezione plausibile, vi sembra che abbia senso o che siano i deliri di chi oggi ha paura? E allora uscite allo scoperto, oggi l’Italia ha bisogno delle vostre voci libere. Non abbiate paura di chi, più di ogni altra cosa, teme il dissenso perché non ha gli strumenti per poterlo gestire, se non in maniera autoritaria.

E un ministro della Repubblica che querela uno scrittore su carta intestata del ministero sta mettendo in atto un gesto autoritario: sta utilizzando la sua posizione per intimidire non solo me, ma anche voi. Da una parte c’è chi critica, dall’altra tutto il governo, che a oggi non ha manifestato alcun fastidio a essere strumentalizzato. Non mi fa paura la querela e non mi fa paura la solitudine. Ma voi dove siete finiti? Ricordate quando dicemmo “strozzateci tutti” a Berlusconi che avrebbe voluto strozzare chi scriveva di mafie? E ora, dove siete?

Quando ho criticato le politiche dei governi di centrosinistra mi veniva detto che diffamavo il Paese, che diffondevo disfattismo, che esponevo il fianco ai nemici della democrazia. In realtà attivare analisi e critica è il compito (direi il dovere) di chi racconta la realtà; e le sue parole vanno in soccorso della libertà, non la boicottano. Ci siamo ridotti a subire l’offesa che prendere posizione critica su questo governo sia un favore a qualche potente? A qualche interesse? Coraggio!

Ho a lungo riflettuto prima di scrivere queste righe, non vorrei pensiate che vi stia chiamando a raccolta per difendere me, ma vorrei capiste che il tempo per restare nelle retrovie è finito. Se non prenderete parte vorrà dire che quello che sta accadendo sta bene anche a voi. In tal caso a me non resterà il rimpianto di non averci provato, ma voi dovrete assumervi la responsabilità di ciò che accadrà: o complici o ribelli.

“La storia degli uomini – scrisse Vasilij Grossman in Vita e destino – non è dunque la lotta del bene che cerca di sconfiggere il male. La storia dell’uomo è la lotta del grande male che cerca di macinare il piccolo seme dell’umanità. Ma se in momenti come questo l’uomo serba qualcosa di umano, il male è destinato a soccombere”. Voi siete il piccolo seme dell’umanità, senza di voi l’Italia è perduta. Allora, da che parte state?

Una notizia che fa sperare

Sì, una notizia che ci fa sperare che non tutto sia ancora perduto, che ci sono ancora degli italiani con uno spiccato senso di umanità. Anzi, forse sono la maggioranza ma non fanno proclami e fanno poco clamore. Dal Corriere della Sera on line di oggi:
Cinquantasei migranti di nazionalità siriana e irachena sono sbarcati martedì mattina su una spiaggia nel territorio del Comune di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese. Si trovavano a bordo di una barca a vela, lunga 16 metri, che ha raggiunto la costa calabrese senza essere intercettata. Il gruppo di migranti sbarcati è costituito da 39 uomini, 6 donne ed 11 bambini. A soccorrere i migranti sono stati bagnini e vacanzieri di due villaggi turistici, Capo Piccolo e Cala Greca, che hanno aiutato le persone a bordo del veliero portandole a riva a bordo di pattini e gommoni. Sono state allertate la Guardia Costiera e le forze dell’ordine. Sul luogo dello sbarco sono intervenuti poco dopo la Croce Rossa Italiana, la Misericordia di Isola Capo Rizzuto e la Polizia di Stato. I profughi sono stati trasferiti al Cara di Sant’Anna.
Al momento in cui scrivo non si hanno ancora reazioni da parte delle autorità governative.

Il destino nella faccia?

Premetto: non ho alcuna idea in merito all’indagine che coinvolge il ministro Paolo Savona su un’ ipotesi di reato per usura bancaria.  D’altra parte è ormai una triste abitudine consolidata: quando escono queste notizie che riguardano una parte politica, le altre ne approfittano. Accadeva in passato e ovviamente accade anche adesso. Però bisognerebbe anche avere un minimo di senso del ridicolo prima di fare certe affermazioni. Matteo Salvini, che ha sempre “sponsorizzato” il ministro Savona, adesso come linea di difesa ha quella che sentite nel filmato: “Ma secondo voi Savona c’ha (sic!) la faccia da usuraio?”. Bah, io non lo so francamente.  Però potrei pure dire che non mi sembra che Salvini abbia la faccia da Ministro dell’Interno, che Luigi Di Maio abbia la faccia da Ministro del Lavoro e, per non essere accusato di criticare solo questo governo, neppure Valeria Fedeli avesse la faccia da Ministro della Pubblica Istruzione, eppure come ben sappiamo… Insomma: come linea difensiva la giudico un po’ superficiale: voi che dite?

Dove abbiamo sbagliato?

Sì, in qualcosa dobbiamo aver sbagliato sicuramente. Parlo di noi, della nostra generazione. E non mi riferisco alla politica, ma al privato. Come è possibile che abbiamo cresciuto ragazzi/adulti che si comportino in modo così meschino, privo di educazione e di umanità? Gli ultimi due esempi che sottopongo alla vostra attenzione sono davvero demoralizzanti e non fanno sperare in nulla di positivo. Mi riferisco al cameriere che decide volontariamente di offendere due ragazzi gay con una frase omofoba sullo scontrino del ristorante ed alla “mano ignota” che a Prato ha apposto sulle buste delle bollette del Servizio Elettrico Nazionale un adesivo con scritta a carattere razzista. Quali soddisfazioni avranno potuto trarre da gesti così stupidi?

Il cane sul treno

Mi sono imbattuto l’altro giorno su un articolo di un giornale locale. Vi riporto qui il titolo, che è già indicativo del clima che si respira nel nostro paese “Sul treno carico di stranieri provenienti da ogni dove, il controllore chiede ad una tortonese il libretto sanitario del cane!”. Stranamente, anche all’interno, questa simpatica affermazione non è preceduta dalla consueta frase “Noi non siamo razzisti ma…”. Comunque anche il testo dell’articolo merita di essere letto: Questo è il racconto di una tortonese che ieri pomeriggio è salita sul treno proveniente da Livorno e diretto verso Tortona per rientrare a casa in compagnia del proprio cane con biglietto regolarmente pagato per entrambi. Il controllore di turno – secondo il racconto della donna che conosciamo molto bene e non abbiamo dubbi per dubitare delle sue affermazioni – si è fermato e le ha chiesto il suo biglietto e quello del cane, poi ha guardato il cane, lo ha squadrato ed ha chiesto alla donna se la bestiola avesse effettuato tutte le vaccinazioni. La tortonese ha annuito, ma al controllore questo non è bastato. “Mi faccia vedere il libretto delle vaccinazioni del cane” ha detto il controllore. La tortonese che tra l’altro soffre di una malattia al cuore è trasalita: “ma non ce l’ho con me…” ha replicato. “Lei lo doveva portare” ha risposto il controllore impassibile. La donna si è ricordata che a quell’ora il marito era a casa, così ha telefonato al consorte e lo ha fatto andare a prendere il libretto sanitario del cane, glielo ha fatto fotografare col cellulare e si è fatta mandare la foto sul suo cellulare che ha potuto finalmente mostrare al controllore. Quest’ultimo, dopo averlo visionato attentamente, si è allontanato. Non sappiamo dove sia andato e se abbia mostrato così tanto scrupolo anche nei confronti dei tanti stranieri che c’erano sul treno (e ce lo auguriamo) ma questo la dice lunga sulla situazione che sta vivendo il nostro Paese, dove si controlla minuziosamente una donna di oltre 50 anni, cardiopatica, ma poi in altri casi si soprassiede nei confronti degli stranieri che salgono sul treno senza biglietto a gruppi di cinque o sei e un controllore da solo che si avvicina, più di tanto non può fare perché rischia di essere picchiato a sangue. Possiamo convenire sull’eccesso di zelo del controllore, anche se si è limitato a richiedere quanto previsto dal regolamento. Io purtroppo non posseggo cani ma, nel caso, sicuramente viaggerei con il certificato di iscrizione all’anagrafe canina e il libretto sanitario perché questo è quanto prescritto e riportato sul sito di Trenitalia. Non credo poi che il controllore dovesse essere al corrente che la signora fosse cardiopatica (anche qui: lo sono pure io e di anni ne ho più di 60, ma non pretendo che ogni controllore lo sappia).  Sulla pagina Facebook del giornale, sotto l’articolo si leggono, tra gli altri, anche commenti da far rabbrividire per la violenza, la maleducazione e l’arroganza. Riprendo una frase del citato scritto quando dice “questo la dice lunga sulla situazione che sta vivendo il nostro paese”: su questo sono d’accordo. “Articoli” di questo genere rivelano veramente a quale punto di diffidenza, paura del diverso, mentalità ristretta si sia ormai arrivati. Che tristezza.

Una protesta verso Facebook

Facebook, non si sa se per segnalazione di qualcuno o per una semplice “svista” del suo famoso logaritmo, ha oscurato la pagina dei Sentinelli di Milano. È un gruppo nato alcuni anni fa per contrastare le tristemente note “sentinelle in piedi”, quel gruppo che si batte contro la l’estensione dei diritti – i normali diritti che dovrebbero essere garantiti proprio a tutti – alle coppie gay. “Ci siamo dati il compito di essere i Sentinelli della laicità, dell’antifascismo, dell’antirazzismo – avevano dichiarato i promotori -. Non avete idea di quanto sia difficile non esistere per lo stato. Non solo non esistiamo, adesso siamo anche considerati «da curare»”. Non si capisce quindi come una pagina Facebook che promuova una tranquilla rivendicazione di diritti fondamentali debba essere rimossa, quando si incontrano altre pagine davvero terribili che continuano ad essere pubblicate nonostante varie segnalazioni.  In realtà ieri pomeriggio la pagina è tornata on-line, ma i suoi amministratori hanno ancora delle limitazioni. Pare che il “problema” sia il logo dell’associazione… Vi pare che sia un logo offensivo, maleducato, pornografico o scurrile? Se vogliamo provare a protestare , si può tentare di scrivere sul form che trovate a questa pagina .

Buonismo

Le definizioni di “buonismo” o “buonista” sono – purtroppo – diventate di uso comune, anche nei commenti poco urbani sui social. Ma – a parte coloro che volevano protestare per l’uso dei numeri arabi nel nostro paese e che non meritano quindi commenti – credo che molti attribuiscano al termine un significato maggiormente negativo di quanto in realtà abbia effettivamente. Per quanto sia stata coniata per ribaltare in insulto una qualità, ricalcando (e la cosa dovrebbe dare i brividi) quanto accaduto con il termine “pietismo” in epoca fascista, secondo il dizionario Garzanti la definizione di buonismo è in realtà atteggiamento che, nei rapporti politici, di lavoro, familiari, viene considerato troppo incline alla comprensione e alla collaborazione da chi preferirebbe un comportamento più duro e aggressivo. Beh, allora decisamente io sono buonista e non intendo vergognarmene, anzi voglio proprio vantarmene. Mi voglio vantare di essere comprensivo, di essere collaborativo, di essere tollerante.  Di preferire il ragionamento e la discussione pacifica ai litigi verbali e fisici. Di essere umano, come sostantivo e come aggettivo. Ancora una cosa: almeno non dire “finto buonismo”, perché proprio non ha senso. Non rafforza il concetto: come tutte le doppie negazioni ha l’effetto contrario.

Clooney e la moto

Leggendo dell’incidente occorso a George Clooney e di come ha ridotto la moto (foto sotto) riflettevo sul fatto che, anche se l’attore appare in splendida forma, ha comunque ormai pure lui 57 anni.  Pare che George non abbia alcuna colpa in queste specifico caso, però forse sarebbe il caso dopo i 50/55 di muoversi solo in automobile o a piedi… Immagino che mi pioveranno addosso numerose critiche, ma questo è il mio pensiero. Tutti desideriamo sentirci sempre giovani. Finché questo ci fa vestire magari in modo un po’ ridicolo o ci fa fare i selfie come i bimbiminkia almeno non è pericoloso per noi e per gli altri.  Cosa che invece non si può dire per chi ha la passione delle due ruote o altre attività sportive pericolose, se i riflessi non sono più quelli di una volta. Dico così, ma noi maschietti ci caschiamo tutti nel non considerare l’età che passa… Attenti a quello che facciamo ora nelle calde serate estive, eh 😊! Buone gite in moto, a chi ha questa passione…

L’ IO di Salvini

È indubitabile che protagonista assoluto di giornali e telegiornali di questo periodo sia il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Non voglio in questa occasione esprimere un giudizio politico, ma solo sottolineare quanto le sue esternazioni, i suoi tweet o post Facebook, siano sempre assolutamente personalistici. Nel senso che non mi pare usi mai dire “il governo vuole”, “la nostra coalizione ha deciso”, LUI dice sempre “io voglio”: “io voglio i nomi”, “io voglio che scendano in manette”, “io non li lascerò attraccare”, “io non faccio sbarcare nessuno”, e altre dichiarazioni sempre personali e perentorie, dove spicca sempre IO. Ma è normale tutto ciò? Anche in considerazione del fatto che non è lui il Presidente del Consiglio ( che comunque nel recente passato democratico mai si è permesso di parlare in questo modo). Solo io trovo preoccupante che questo atteggiamento non preoccupi nessuno? Solo io vedo in tutto ciò qualcosa di sinistro? Buon fine settimana…
P.S.: Grazie Presidente.

La donna che canta

Le (pochissime) volte che mio figlio decide di fermarsi con noi a vedere la televisione, impone le sue scelte. Devo dire però che in genere propone dei film molto particolari ma anche decisamente interessanti. Non sono mai opere semplici, ma quasi sempre vale la pena di vederle. L’ultima volta che è capitato abbiamo visto con lui un film canadese del 2010 diretto da Denis Villeneuve, intitolato “Incendies” e, nella versione italiana, “La donna che canta”. Un film duro con una storia di crudeltà e sopraffazione. Un pugno nello stomaco se si pensa poi che si tratta di una vicenda realmente accaduta.  Non tutta la critica ha apprezzato questo lavoro, che comunque è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia ed  anche candidato all’Oscar come miglior film straniero. È la storia di una donna libanese che come volontà testamentaria affida due lettere ai suoi due figli gemelli, una da consegnare al padre che non hanno mai conosciuto e l’altra ad un fratello che neppure sapevano di avere. Una ricerca all’inizio accettata solo dalla figlia che intraprende un difficile viaggio in Libano (che non viene però mai nominato ma anzi nascosto dietro un nome finto) tra pericoli attuali e ricordi di atrocità di guerra. Se non lo avete visto, cercate questo film (è su Netflix, ma anche su YouTube, Raiplay ed altre piattaforme), di cui vi segnalo anche l’adeguata colonna sonora di Grégoire Hetzel.