La nausea

Meloni ha detto: “Sono pronta ad assumermi la responsabilità di fare delle scelte anche se dovesse costare in termini elettorali“. Attendiamo queste scelte, perché quelle fatte finora a me paiono solo lo scambio con i voti ottenuti … Ci spieghi se vuole.
In ogni caso: sono assolutamente nauseato da quello che leggo sui social, dai commenti ignoranti e pieni di livore di chi si sente finalmente protetto da questa classe politica vergognosa – a destra oggi come a sinistra ieri – , da questo effetto Dunning-Kruger generalizzato. Ho bisogno di staccare. Dopo 5 anni me ne starò un po’ in silenzio con la mia famiglia, di cui ora fa parte anche SallyBuona vita.

New York New York

Sono tornato da pochi giorni da una nuova, ennesima, permanenza nella Grande Mela, che come sapete è una mia passione quasi patologica.  Di solito era una meta che mi vedeva presente ogni anno, anche due volte. Ora però con la pandemia, mancavo da settembre 2019. Devo quindi aggiornare e correggere il mio post di viaggio perché ho trovato novità e cambiamenti.

New York è una delle mie passioni più forti. Cerco di andarci almeno una volta all’anno per fare una full immersion nei musical di Broadway, ma amo anche visitarla e tornare più volte nei luoghi già visti, che sono sempre in evoluzione. Mi si chiedono quindi spesso dei consigli, soprattutto per dove andare a pranzo e cena e per visite di luoghi non troppo convenzionali.  Ecco dunque qualche indicazione.
Non si può andare a New York e non mangiare almeno una  volta la New York Cheesecake: io vi consiglio assolutamente Magnolia Bakery, che è però solo una pasticceria dove vendono anche monodosi da asporto. Ha diversi punti vendita, come potete vedere a questo link: io conosco quello di fianco al Radio City Musical Hall, dal Rockfeller Center.  Mi piaceva anche quella di  Junior’s dove si può anche cenare con hamburger e cucina americana, ma ho trovato la cucina e il dolce un po’ meno di qualità che in passato. Peccato.  Altri locali per hamburger in pieno centro sono:  5Napkin (per me il migliore) sulla nona al numero 630 tra la 44 e la 45, consigliatissimo anche per burger vegetariani. Sull’ottava trovate Shake Shack – c’è sempre molta gente e l’hamburger è molto buono. Oltre ad essere aperto fino a tardi, cosa che ora non è più, per il momento, così comune.  Il nome è tratto da una scritta che appare sul finale al Luna Park del film Grease di cui il fondatore è grande appassionato-  e poi Five Guys sulla 42esima dove ci si può comporre il burger con quello che si vuole ed è accompagnato da una montagna di patatine fritte (se siete in due ordinatene solo una porzione piccola). C’è sempre l’Hard Rock Cafè  in Times Square che non delude mai. Un po’ spostato ma che farà felici i maschietti della comitiva è Hooters  (andateci).
Locale simpatico (anche se si mangia in modo comunissimo) è Ellen’s Stardust Diner : i camerieri sono performer di Broadway al momento senza lavoro, che si esibiscono tra una portata e l’altra. C’è spesso la coda fuori per entrare. Molto coinvolgente: anche mia moglie alla fine cantava un brano di Grease
Ho scoperto poi, grazie ad amici e blogger, un’hamburgeria speciale, all’interno di un Hotel 4 stelle e non pubblicizzata all’esterno. Si chiama Burger Joint e si trova nell’Hotel Thompson Central Park New York 119 W 56th St: molto carino e particolare. Se volete un locale proprio “americano” e non turistico, sull’ottava andate da Times Square Diner, ambiente simpatico e ottimo cibo.
Alla sera è bello andare a cena (magari dopo teatro…) da Joe Allen  (per me è imperdibile) . La bistecca New York Strip è strepitosa. Alle pareti le locandine di tutti gli spettacoli di Broadway che hanno fatto flop. È sulla 46 tra ottava e nona . Non è più così raffinato come pre-pandemia, non ci sono più le tovaglie bianche lunghe fino a terra, non ti portano più pane e burro all’inizio della cena, ma la cucina poi è sempre di alto livello. E anche il prezzo, eh…
E siccome poi da visitare senza dubbio è Ground Zero e e la Freedom Tower , adesso bisogna vedere anche l’Oculus di Santiago Calatrava, con il centro commerciale e la nuova sede di Eataly. Conviene capitarci all’ora di pranzo…
Se avete tempo di andare anche a Coney Island (piacerebbe a voi e anche ai bambini) non mancate di mangiare da Nathan’s i panini con l’astice o con il burger e i “leggendari” hot dog.
Qualora capitaste a Brooklyn potete mangiare un’ottima pizza italiana – secondo me la migliore di N.Y. – da Sottocasa, 298 Atlantic Avenue . Chiedete di Luca o di Laura e dite che vi mando io.  Ora c’è anche una “filiale” ad Harlem!
Se invece avete assolutamente voglia di una pizza o cibo italiano ma siete a
Manhattan, sulla 49th Street tra la Broadway e l’Ottava si mangia davvero bene ed in un ambiente confortevole e moderno da Serafina, presso l’Hotel The Time. Sulla stessa strada dall’altro lato ho poi scoperto un bellissimo pub in stile irlandese dove si può anche cenare in un’atmosfera suggestiva: il Lillie’s Victorian Establishment.  Capitato per caso, ho mangiato bene italiano a Bar Italia, 768 Madison Avenue: ambiente elegante e conto un po’ salato. Per un pranzo-spuntino informale e poco impegnativo potete andare al  Whole Foods Market di Columbus Circle (in cima all’Ottava prima di Central Park all’altezza della 59th Street) presso il locale interrato del Warner Center. E’ un’enorme gastronomia con qualunque genere di cibo possiate immaginare. Comprate quello che volete, passate alla cassa e appena fuori trovate posate, tovaglioli e bicchieri e potete sedervi ai tavoli per pranzare comodamente.

A parte il cibo vi consiglio di salire sul Top Of The Rock del Rockfeller Center e non solo sull’Empire State Building. Adesso è anche aperto l’osservatorio sulla Freedom Tower One World Trade Center, dove comunque si finisce per vedere il memorial dell’11 settembre. Imperdibile da percorrere se avete tempo è la High Line .

Attrazione, disponibile solo dal marzo 2019, è The Vessel (foto qui sotto), una strana torre alta 46 metri e composta da  154 rampe di scale che si trova nella nuova zona denominata Hudson Yards da cui parte appunto la High Line (ci può arrivare in metropolitana, fermata 34th Street-Hudson Yards). Se vi accontentate di vederla nessun problema; se invece volete salirci sopra prenotatevi on line .

Ma ci sono due nuovi osservatori davvero imperdibili. Uno è The Summit One Vanderbilt. Vi si accede dalla Grand Central Terminal (da vedere) e bisogna prenotare on line con qualche giorno di anticipo altrimenti non si trova posto. Stessa cosa per The Edge (foto sotto) che è in assoluto il punto di osservazione che ho preferito e su cui spero di tornare ancora! È praticamente di fianco a The Vessel di cui vi ho parlato sopra.

Come dicevo prima poi, trovo di grande suggestione Coney Island con la sua spiaggia ed il suo celebre Luna Park  (foto sotto, anche immagine invernale del mio blog).

Se volete vedere più di un musical (come faccio io) tenete presente che in Times Square c’è il famoso botteghino TKTS per la vendita dei biglietti della sera stessa a prezzo scontato fino al 50%. C’è sempre una coda lunghissima ma se siete riusciti  a comprarlo una volta, poi per una settimana mostrando il ticket saltate la coda e passate davanti a tutti!

Buona permanenza nella Grande Mela!

La Meloni e il pos

Pare che oggi il governo deciderà che i commercianti saranno obbligati ad accettare il pagamento elettronico solo per spese superiori ai 60 euro. Del resto visto che possiamo uscire con in tasca 5000 euro in contanti non sarà un problema… La Giorgia vuole onorare fino in fondo il termine “conservatori” così caro al suo partito. E così nostri commercianti e soprattutto i nostri taxisti avranno quello che chiedono da tempo. Del resto quando si parla di  “voto di scambio” si può intendere anche questo, no? Pian piano torneremo indietro nel tempo e al posto del denaro useremo il baratto.
A parte gli scherzi, io sarei pienamente d’accordo sul fatto che i commercianti siano liberi di accettare o meno i pagamenti elettronici, ma chiederei al governo di rendere obbligatorio che la scelta fosse palese, nel senso che ogni esercizio pubblico fosse obbligato a esporre un cartello con scritto “Qui pagamento solo in contanti” oppure “Qui si accettano pagamenti in contante o con pos“, “Qui si accettano pagamenti in contante o superiori ai 60 Euro anche con pos” e  “Qui si accettano solo pagamenti elettronici“. In questo modo saremo tutti liberi di scegliere dove acquistare, evitando discussioni inutili e conoscendo prima con chi avremo a che fare.

 

La vicenda di Soumahoro

La vicenda di Soumahoro, così come viene presentata soprattutto da destra, è sicuramente una brutta faccenda. Vedremo come saranno gli sviluppi e cosa verrà effettivamente appurato. Al momento è indagata solo la suocera e lui comunque si è autosospeso dal gruppo Alleanza Verdi- Sinistra italiana..
Vorrei solo che si tenesse presente che è sicuramente da condannare chi gli immigrati li sfrutta, anche fossero italiani, e non gli immigrati stessi.
Questa tendenza a generalizzare sempre, di estendere il particolare all’universale è davvero qualcosa di vergognoso. Abbiamo visto la stessa cosa sul Reddito di Cittadinanza: se ci sono state truffe o utilizzi impropri, bisognerebbe riuscire ad evitare quelli, non abolirlo. Ci sono pure i falsi invalidi, ma non è che si possa pensare di togliere il sostegno a tutti gli invalidi.
Ci sono alcuni leghisti che sparano cazxxte tutti i giorni, ma non è che si possa pensare di eliminare tutti i leghisti…

La lettura di oggi: Small Talk

Da “il Post”
Qualche consiglio su come parlare del più e del meno
Molti soffrono le situazioni in cui bisogna fare il cosiddetto “small talk”, ma possono aiutare a costruire relazioni più profonde

Per molte persone è snervante trovarsi nelle situazioni in cui bisogna cominciare una conversazione spicciola per salutare qualcuno che non si conosce tanto bene, avviare la giornata lavorativa oppure riempire un silenzio imbarazzante, quelle cioè in cui è necessario ciò che in inglese viene chiamato “small talk”, una piccola chiacchiera. Commentare il ritardo del treno mentre si incontra in stazione una persona che non si vede da un po’ o discutere del meteo quando si prende un ascensore con un collega possono sembrare interazioni futili, che non arricchiscono la nostra giornata e non aggiungono nulla al rapporto con una persona. Secondo vari linguisti, esperti di scienze sociali e ricercatori però chiacchierare del più e del meno può essere un’occasione per conoscere meglio qualcuno e imparare qualcosa: in certi casi ha anche dimostrato di avere effetti positivi sulle persone.
Lo small talk è quel tipo di conversazione leggera, superficiale e informale che solitamente parte da argomenti piuttosto banali, nella gran parte dei casi per educazione oppure quando è necessario farlo, per esempio se ci si trova a una festa dove non si conosce nessuno. A volte si tende a credere che quella di fare questo tipo di conversazione sia una capacità innata, che alcune persone hanno e altre no, con il risultato che spesso capita di affrontarle con molto stress o grande impaccio.
Alcuni consigli su come sfruttare queste occasioni arrivano sia da blog online che da esperti di relazioni sociali e persone che si trovano spesso in queste situazioni per via del loro lavoro. Possono essere utili per fare in modo che queste conversazioni non siano uno strazio, ma anche per capire come trasformarle in un’opportunità per creare o rafforzare il legame con il proprio interlocutore.
Come ha spiegato in un’intervista a Vox Lizzie Post, co-presidente dell’Emily Post Institute, un’organizzazione americana che dal 1946 si occupa di dare consigli e indicazioni sulle buone maniere, la buona educazione e l’etichetta possono servire per affrontare le situazioni in cui non si sa esattamente cosa fare: aiutano ad avere più sicurezza di sé ed evitare almeno in parte la pressione di dover essere «completamente originali» per riuscire a interessare la persona che si ha davanti.
Per questa ragione tra i consigli più diffusi per fare small talk ci sono per esempio quello di utilizzare un linguaggio del corpo che faccia sentire a suo agio la persona con cui si parla, quello di fare molta attenzione a ciò che dice, e quello di approfondire a poco a poco la conversazione.

In particolare, spesso viene suggerito di rivolgere il proprio petto verso l’altra persona, sorridere e cercare il contatto con i suoi occhi, senza tuttavia imporsi. Meglio evitare di tenere le braccia conserte e di avvicinarcisi troppo, così come maneggiare il proprio smartphone mentre le si parla. È inoltre buona norma salutarla usando il suo nome, se la conosciamo, o ripeterlo subito dopo che si è presentata, se durante il primo incontro. Una buona strategia per cominciare a parlarle può essere farlo con un piccolo complimento.
Lo scambio di informazioni ideale dovrebbe essere leggero, con un tono amichevole e un buon equilibrio tra domande e affermazioni, per evitare che l’altra persona pensi di stare subendo un interrogatorio o che al contrario abbia l’impressione di non avere spazio per intervenire. Meglio poi evitare di affrontare subito argomenti troppo personali, come la salute, la religione o le opinioni politiche, privilegiando comunque le domande aperte, quelle che richiedono una risposta più articolata di un semplice “sì” o un “no”.

In un libro che parla di come fare meglio small talk, l’autore statunitense Patrick King osserva che una delle cose più importanti per stabilire un contatto con un’altra persona è trovare un punto di vista o un argomento in comune di cui poter parlare, a partire per esempio da un dettaglio dell’ambiente circostante. Saper ascoltare e fare domande adeguate per fare seguito alle risposte date è poi essenziale per far sentire l’altra persona apprezzata e invogliarla a continuare la conversazione, per scoprire qualcosa in più su di lei. Per farlo, però, è anche necessario essere disposti a rivelare qualcosa in più su noi stessi, spiegano gli esperti.

Se ci piace com’è andata la conversazione, si può salutare l’altra persona proponendole di scambiarsi i contatti o di rivedersi, facendole per esempio sapere che un certo giorno a una certa ora saremo in un certo posto. In ogni caso, è sempre bene congedarsi in un modo garbato, che non la faccia sentire trascurata, con una cosa come: “È stato un piacere vederti, ti farò sapere come è andata con la ricetta che mi hai consigliato”.

C’è invece chi prova ad affrontare le conversazioni spicciole con l’atteggiamento opposto, puntando subito su domande un po’ più dirette o specifiche, per esempio: “Hai suggerimenti su un podcast da ascoltare quando vado al lavoro?” o “Conosci un ristorante nei paraggi dove si mangia bene?”. Con questa specie di effetto sorpresa ogni tanto si riesce a scoprire qualcosa sul proprio interlocutore che non si sarebbe mai scoperto con una conversazione “normale”, spiega il sito The Muse, specializzato in ricerche e offerte di lavoro.

Parlando con Vox, la consulente di comunicazione Rachel Morgan-Trimmer ha notato che le interazioni sociali “inattese” come quelle tipiche dello small talk possono mettere in difficoltà le persone con disabilità o per esempio chi ha disturbi dello spettro autistico, per cui potrebbero essere ulteriori fonti di stress. Anche in questi casi, sostiene Morgan-Trimmer, per rendere queste chiacchiere più inclusive ed efficaci si potrebbe evitare di fare domande aperte, per esempio “Com’è andato il tuo fine settimana?”, e partire da richieste un po’ più specifiche, come: “Hai fatto qualcosa che ti è piaciuto molto nel fine settimana?”. Da lì si può proseguire con altre domande via via più approfondite.
Meredith Marra, professoressa di Linguistica all’università di Wellington, in Nuova Zelanda, studia da anni la funzione di questo tipo di interazioni nella società. Intervistata sempre da Vox, Marra ha detto di ritenere che lo small talk sia molto di più che uno spreco di tempo o un modo per evitare silenzi imbarazzanti: secondo lei sarebbe una specie di «colla sociale», che ha effetti positivi sulla collaborazione tra le persone.

Marra per esempio ha spiegato che anche chi lo critica lo usa moltissimo sul posto di lavoro, e in certi contesti, specialmente maschili, se non c’è prima quello «si ferma tutto». In altre parole, secondo Marra parlare del più e del meno serve a definire la nostra relazione con le altre persone e rafforzare il nostro legame con loro: «se non stabiliamo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, come cavolo facciamo poi a fare tutto il resto?», ha osservato.

Secondo i risultati di un esperimento svolto nel 2014 dallo psicologo Nicholas Epley, ricercatore dell’Università di Chicago, lo small talk farebbe anche più contente le persone. Nell’esperimento Epley e la sua collaboratrice Juliana Schroeder chiesero ad alcuni pendolari di cominciare a parlare con qualcuno che non conoscevano durante il tragitto verso il lavoro, e ad altri di starsene per conto proprio. Le persone che durante il viaggio avevano chiacchierato con qualcuno avevano detto che il loro viaggio era stato più piacevole rispetto alle volte in cui non avevano parlato con nessuno: si erano dette contente di aver conversato con una persona estranea anche le persone che a livello generale avevano detto di starsene più volentieri per conto proprio.

Uno studio pubblicato nel novembre del 2021 ha poi evidenziato quanto la possibilità di interagire con altre persone abbia avuto effetti positivi sulla salute mentale durante il periodo delle restrizioni più rigide per la pandemia da coronavirus.

A proposito della pandemia, Post ha notato che negli ultimi due anni sono cambiati un po’ anche gli argomenti che di solito si affrontano durante le chiacchiere spicciole. Adesso secondo Post molte più persone sono disposte a parlare esplicitamente di questioni di salute o problemi di denaro, temi molto seri che di norma prima sarebbero stati discussi solo con familiari o amici molto stretti. L’ipotesi di Vox è che la pandemia abbia fatto emergere le disuguaglianze sistemiche nelle nostre società, con il risultato che in un certo senso le esperienze negative collegate alle malattie o alle difficoltà economiche adesso sembrano unire le persone, anziché farle sentire isolate.

L’Adinolfi pensiero

Mario Adinolfi su Twitter: “Questo Qatar che vieta la pornografia, di ubriacarsi, drogarsi, essere villani con le signore, fotografare soggetti non consenzienti, l’ostentazione di atteggiamenti sessualmente provocatori (sia degli omosessuali che degli etero) è un Paese da cui prendere esempio“. Prova ad andarci poi ci dici eh, Mario!

Dalla parte dei furbetti, sempre

Matteo Salvini dice:  Sono già al lavoro (sic … ) per capire se sia possibile bloccare gli aumenti delle multe stradali dovuti ad un automatismo del Codice della strada. In un momento di difficoltà come questo tartassare ulteriormente i cittadini italiani è ingiusto e dannoso. 
Ma ci rendiamo conto che secondo lui quindi comminare una multa per una infrazione è “tartassare” i cittadini italiani?
Ma i “cittadini italiani” se un ministro dice una cosa simile non saranno portati a pensare di avere il diritto di infrangere la legge tanto la sanzione magari è irrisoria o non arriverà mai?
Siamo oltre il ridicolo ormai.
Matteo Salvini : dalla parte dei furbetti, sempre.

La civiltà …

Come vi ho già raccontato e probabilmente vedete sui social, da quasi due mesi ho una cucciolotta (Sally: bellissima, amore di papà 😊). Ho così cominciato a fare molte passeggiate per la città e mi sono reso conto di quanto la gente sia incivile. Come la maggior parte dei cuccioli, anche Sally per conoscere il mondo usa la bocca e quindi tende a mettere in bocca, appunto, tutto. Poco male se in terra ci fossero solo aiuole, piantine e fiori. Invece per terra la gente getta di tutto, come se la città non fosse anche la loro. Oltre ai proprietari di cani che chiamare maleducati è poco, che non raccolgono gli escrementi del proprio quattrozampe. Così devo avere mille occhi per evitare che Sally metta in bocca cicche, pacchetti di sigarette, lattine di birra e bibite, bicchieri. Ma ho visto per terra in una zona residenziale anche un calzino, svariate mascherine, centinaia di fazzoletti carta, contenitori di yogurt, rossetti, sacchetti di plastica … vi assicuro: di tutto. Una vergogna.

Tolleranza

Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra.

Margherita Hack

16 novembre – Giornata internazionale della Tolleranza