Le definizioni di “buonismo” o “buonista” sono – purtroppo – diventate di uso comune, anche nei commenti poco urbani sui social. Ma – a parte coloro che volevano protestare per l’uso dei numeri arabi nel nostro paese e che non meritano quindi commenti – credo che molti attribuiscano al termine un significato maggiormente negativo di quanto in realtà abbia effettivamente. Per quanto sia stata coniata per ribaltare in insulto una qualità, ricalcando (e la cosa dovrebbe dare i brividi) quanto accaduto con il termine “pietismo” in epoca fascista, secondo il dizionario Garzanti la definizione di buonismo è in realtà atteggiamento che, nei rapporti politici, di lavoro, familiari, viene considerato troppo incline alla comprensione e alla collaborazione da chi preferirebbe un comportamento più duro e aggressivo. Beh, allora decisamente io sono buonista e non intendo vergognarmene, anzi voglio proprio vantarmene. Mi voglio vantare di essere comprensivo, di essere collaborativo, di essere tollerante. Di preferire il ragionamento e la discussione pacifica ai litigi verbali e fisici. Di essere umano, come sostantivo e come aggettivo. Ancora una cosa: almeno non dire “finto buonismo”, perché proprio non ha senso. Non rafforza il concetto: come tutte le doppie negazioni ha l’effetto contrario.