Cari amici del gruppo Revenge Porn …

Forse vi sarete già imbattuti pure voi in questo edificante video diffuso da tal Alfio Baffa, candidato della Lega per il consiglio regionale della Calabria. Non si tratta di una caricatura come Cetto La Qualunque. Questo signore è proprio un vero candidato della Lega. Servono commenti? Direi di no. Guardate il video e poi leggete quanto ha scritto  su Repubblica Michele Serra.

CLICCARE E’ UN PO’ COME MORIRE
di Michele Serra

Non si sa per quale maledizione degli Dei, o per quale perversione umana, navigando nel vasto oceano chiamato web siamo attratti non dalle sirene, come Ulisse, ma dai detriti che galleggiano sui flutti. Non ce ne perdiamo uno, come se la nostra rotta fosse determinata sempre dal peggio, dal brutto, dal volgare, dall’umiliante.

Nelle ultime ore per esempio furoreggia il desolante video di un signore molto sovrappeso, immerso in una vasca da bagno, che fuma un sigaro grosso come quello di Gambadilegno, e brinda, con un accento calabrese che pare la parodia dell’accento calabrese, non si capisce bene a che cosa, e a chi. Si appella a un generico gruppo porno: ma del porno è la smentita vivente. Pare che sia un candidato delle Lega alle prossime elezioni regionali, ma questo è solo un dettaglio rispetto alla catastrofe umana che quel video mette in scena. Chiunque tenderebbe, in quelle condizioni fisiche e psicologiche, a proteggersi, a evitare di andare in scena, a considerare la via del silenzio, e dell’invisibilità, come la sola possibile salvezza. Lui no, lui è contento di raffigurarsi così.

In questa sua contentezza noi dovremmo leggere sintomi di malattia, segnali di sconfitta. Ma ci clicchiamo sopra senza pietà, come quando ci si ferma a guardare l’incidente stradale, o si paga il biglietto per vedere la donna barbuta, il lancio del nano, il monstrum che attira la morbosità delle folle. Io stesso, che di questo povero signore niente so e niente voglio sapere, ve ne parlo. Perché ho visto il suo video. Il primo che troverà l’antidoto, a questo veleno che ci rende guardoni, e che ci impedisce pietà, avrà salvato il mondo.

Non rimandare a domani quello che puoi fare… dopodomani

No no, purtroppo non è il mio motto. Anzi,  io vorrei esserne capace. Tra i miei propositi per l’anno nuovo c’è anche quello di non essere ansioso, quello di lasciare andare un po’ le cose senza programmare tutto come sono solito fare, quello di non avere pronto un lavoro almeno una settimana prima di quando occorre, quello di non risolvere subito i problemi a parenti (leggi figlio) e amici (chi si riconosce ?) ma fare aspettare all’infinito come fanno in genere loro con me. Ma pare, da questo articolo del 2017 di Giuiiano Aluffi su Repubblica, che sia davvero uno stile di vita sempre più diffuso. Devo riuscire ad adeguarmi, anche per la mia salute.

Non rimandare a domani quello che puoi fare… dopodomani. È questo il motto del 20 per cento degli adulti nella maggior parte dei Paesi occidentali. Almeno secondo quanto è emerso alla Procrastination Research Conference di Chicago, il congresso mondiale di chi studia l’arte del rinvio conclusosi qualche giorno fa. Uno su cinque di noi, dunque, è un procrastinatore. Uno che, come il più celebre rappresentante della categoria, quel Douglas Adams autore della Guida galattica per gli autostoppisti, direbbe: «Amo le scadenze. Adoro il rumore che fanno quando mi sfrecciano accanto».
 
Ma a cosa si deve questa abitudine di rimandare? Per gli studiosi guidati da Joseph Ferrari della De Paul University un fattore cruciale è un immotivato terrore del giudizio degli altri. Lungi dall’essere sciatto o impermeabile alle critiche, il procrastinatore teme soprattutto di essere considerato incapace: preferisce crearsi degli handicap, soprattutto ridursi all’ultimo minuto, così da avere una scusa per le cose fatte male.. Meglio passare per svogliati che per incapaci, insomma. C’è poi chi rimanda tutto fino all’ultimo pensando di dare il meglio di sé quando è sotto pressione. È un illuso. Ferrari e colleghi hanno sottoposto i “leoni dell’ultimo minuto” a test cognitivi mostrando che le loro performance sono inferiori a quelle degli altri, anche se, in fase di autovalutazione, sono convinti di aver svolto bene i test.
 
«Noi lo vediamo soprattutto nei ragazzi dalle superiori all’università» spiega Maria Sinatra, docente di psicologia generale all’Università Aldo Moro di Bari, che ha fatto parte del panel della conferenza di Chicago. «In termini strettamente freudiani, non fanno più “l’esame di realtà”, ossia non sembrano capaci di valutare realisticamente il loro comportamento e preferiscono rimandare il confronto con quello che potrebbe rivelarsi un brutto voto» continua Sinatra. «Tanti ragazzi non sono più capaci di fare l’esame di realtà perché i genitori, invece di seguirli, usano i regali come surrogato della loro presenza. Ma così ogni volta che si profila un qualsiasi ostacolo sul loro cammino, i ragazzi si paralizzano e rinviano il più possibile. Nelle facoltà universitarie delle regioni che stiamo osservando, Puglia e Sicilia, vediamo il fenomeno della procrastinazione in crescita quasi esponenziale: i ragazzi si prenotano agli esami, ma non si presentano più».
 
Ma non è soltanto colpa delle famiglie: per Ferrari e il panel di Chicago è tutta la società che ci sta instradando verso la procrastinazione. I siti di e-commerce ci premiano con forti sconti se compriamo qualcosa all’ultimo minuto, e gli incentivi che le istituzioni offrono per compilare in tempo le dichiarazioni dei redditi o la revisione dell’auto sono soltanto negativi: «Bisognerebbe sperimentare invece incentivi per chi fa le cose con largo anticipo». Ogni tanto qualche messaggio positivo può giovare. Anche perché i procrastinatori non riscuotono solidarietà nemmeno tra di loro. Alla conferenza di Chicago si è sfatato un mito: molti procrastinatori, in ufficio, si illudono che se un collega o un capo condivide il loro stesso vizio, sarà più clemente. Nulla di più sbagliato, il procrastinatore sa che la sua è una pessima abitudine e se ne distanzia psicologicamente ogni volta che può, soprattutto stigmatizzando chi è come lui. E lo fa, per una volta, senza rimandare.

Mosto e Mario

Solo giovedì scorso avevo ripescato un post in cui vi parlavo del brano Mr.Timorasso scritto e interpretato dal tortonese Davide Canepa (figlio del mio compagno di scuola Andrea) in arte Mosto. Ora ho scoperto un brano più recente di questo cantautore, intitolato “Mario” , il cui video è stato girato vicino a Tortona, a Costa Vescovato.  Il brano viene presentato come Una storia di due vite molto lontane che, grazie alla vite, scoprono di essere più vicine di quanto pensassero. Ho apprezzato davvero, la musica e il testo che va diretto al cuore. Bravo Mosto! Eccolo a voi.

La forza del giullare

Durante il periodo natalizio pensavo di vedere un po’ di film al cinema, poi per una serie di circostanze, non sono riuscito a vedere nulla tranne, un po’ obtorto collo, “Tolo Tolo” di Checco Zalone. Beh: che dire? Secondo me è geniale come solo Zalone sa essere. Anche se il promo faceva già ben sperare (nonostante qualcuno lo interpretasse in modo diverso, tipo Salvini che voleva fare Zalone senatore a vita dimostrando di non aver capito nulla), questa volta Zalone fa un film vero, certo meno immediatamente comprensibile dal grosso pubblico che forse preferiva ridere nelle brevi gag che componevano le opere precedenti. Un film che non va giudicato, a mio parere, subito all’uscita dalla sala, ma facendolo sedimentare un po’ nella mente. Per me è un film riuscito perché intrattiene, spesso diverte e soprattutto fa riflettere. Certo: chi si aspetta solo evasione e risate resterà deluso. Tolo Tolo rappresenta una crescita importante per Zalone che, per certi versi, lo avvicina al migliore Alberto Sordi ma che a volte mi ha fatto pensare anche a Paolo Villaggio. Lo consiglio vivamente, ma non proprio a tutti. Chi non sa ridere dei propri difetti sia astenga dalla visione, come pure gli “italiani sovranisti” … anche se sono sicuramente già compresi tra coloro che non sanno ridere di se stessi.  Checco Zalone in due ore di spettacolo riesce a raccontare quanto succede in Africa, in mare e nei porti italiani meglio di interminabili ore televisive con giornalisti e politicanti. Ah: ci sono anche delle scene in stile musical: poteva non piacermi un film così?

La trama (diffusa dalla produzione, ma c’è molto di più)
Non compreso da madre patria, Checco trova accoglienza in Africa. Ma una guerra lo costringerà a far ritorno percorrendo la tortuosa rotta dei migranti. Lui, Tolo Tolo, granello di sale in un mondo di cacao. Checco, sognatore deluso dalla madre patria, rifiuta il reddito di cittadinanza e apre un sushi restaurant ma fallisce miserabilmente e deve fare i conti con i creditori. Decide così di scappare e rifugiarsi in Africa dove si reinventa cameriere per un resort. Anche lì però la situazione cambia e assiste allo scoppio di una guerra civile con l’arrivo di una sorta di Isis o di Boko Haram. Decide così di tornare in Italia, ma non può farlo perché i creditori sono pronti a dargli la caccia. Si ritrova così a scappare ritrovandosi nella stessa situazione dei migranti. Nessuno lo vuole, soprattutto la sua famiglia perché con la sua scomparsa potranno estinguere tutti i debiti.

Spoiler:

Il finale è un cartone animato: da non perdere.

Blog Rewind – Consigli di serie: Fleabag (23/03/2019)

Una serie decisamente originale questa “Fleabag”, uscita nel 2016 per soli 6 episodi da 26 minuti ciascuno e di cui sta per arrivare una seconda stagione (nel frattempo già arrivata ). Fleabag è scritto da Phoebe Waller-Bridge, che presta anche il volto alla protagonista ed è davvero bravissima. Adattamento dall’omonimo spettacolo di Edimburgo del 2013 della Waller-Bridge che ha vinto il primo premio Fringe, racconta di una giovane donna londinese e della sua vita problematica, dovuta a una famiglia disfunzionale, alle difficoltà economiche legate alla gestione di una caffetteria a tema porcellino d’India, che aveva aperto con la sua migliore amica, ora defunta, e alla sua instabile, quanto frenetica vita sessuale e sentimentale. Ma non solo: sua madre è stata uccisa dal cancro; la sua matrigna (Olivia Colman) è un mostro da cui il padre è dipendente. Nel raccontare la sua vita sessuale la protagonista è proprio brava. Insomma: una serie tv divertentissima ma anche molto seria e autentica. Da vedere su Prime Video.

 

Bonita – La favola di Natale

Dopo aver trascorso 500 giorni in un rifugio, un incrocio di Pit Bull di cinque anni ha finalmente trovato una casa per Natale. E’ successo in un canile che si trova nei pressi delle cascate del Niagara, e la cagnolina si chiama Bonita.

Lei è l’animale che in assoluto è stata più giorni in questo rifugio: per più di un anno le persone passavano di fronte al suo box ma sembrava che a nessuno importasse di lei. Le famiglie e i potenziali adottanti sceglievano sempre altri ospiti della struttura e alcuni volontari temevano che non avrebbe mai trovato una casa in cui avere una vita più felice. 

E invece qualche giorno fa è stata adottata da Ray Kinz, un uomo che vive nella zona. Il rifugio Niagara County Spca ha allora fatto un video in cui si vede Bonita cominciare la sua nuova vita insieme al nuovo proprietario. Kimberly LaRussa, coordinatrice degli eventi al Niagara Spca, dice che Bonita mancherà a tutti. «La amavamo molto, ma siamo sicuri che Ray la amerà nel nostro stesso modo se non di più».

Dopo l’adozione, il signor Kinz ha creato una pagina Instagram (bonita_rk) in cui pubblica le foto del cane e la loro quotidianità. In poco tempo ha già raggiunto quasi 4000 follower.  «Probabilmente questo Natale – dice – il sogno della mia cagnolina si è avverato».

da “La Stampa” – Cristina Insalaco

Un film da vedere: Storia di un matrimonio

Oggi vi parlo di un film visto su Netflix e candidato a numerosi Golden Globe (saranno assegnati il prossimo 5 gennaio). Il titolo italiano è “Storia di un matrimonio” (Marriage story) ed è diretto da Noah Baumbach. Mi ha conquistato dopo il primo quarto d’ora di visione. Un po’ forse perché  è ambientato fra Broadway e Hollywood, ma soprattutto per la straordinaria interpretazione dei protagonisti, entrambi in corsa per il Golden Globe come miglior attori in un film drammatico: Adam Driver e Scarlett Johansson (per la quale ho una passione personale da molto tempo). Sono Charlie e Nicole, lui regista teatrale, lei attrice, e in un punto del film li vediamo anche cantare e ballare, ed è uno dei momenti più intensi della storia. E’ la storia di due persone che si amano, si ameranno probabilmente sempre, ma che finiscono per farsi una  guerra senza esclusione di colpi.  Nel cast troviamo anche una strepitosa Laura Dern, nei panni dell’avvocato di Nicole, Alan Alda in quelli del primo, troppo “umano” avvocato di Charlie che poi lo sostituirà con uno più spietato interpretato da Ray Liotta. Azhy Robertson è il piccolo Henry, il figlio dei due protagonisti. Da notare anche, nel ruolo della mamma di Nicole, ma “innamorata” di Charlie, Julie Hagerty, che tutti ricordiamo come hostess nei due film su “L’aereo più pazzo del mondo”).  Non voglio anticiparvi altro.  Ve lo consiglio vivamente (il trailer qui sotto è in inglese con i sottotitoli, ma il film si trova anche doppiato in italiano).

Il dito medio

Avrete visto tutti questa foto, che ha fatto il giro del web.

In breve: una ragazzina di 19 anni si è trovata a viaggiare in aereo vicino al “Capitone”, che si è addormentato. Ha pensato bene di fotografarlo e di scattarsi un selfie con il dito medio alzato.  Il “Capitone” quando lo ha appreso dal web, ha immediatamente sottoposto la ragazzina alle ritorsioni dei suoi simpatici ed educatissimi fan, ripostando la foto con il commento Che bello viaggiare in compagnia di personcine educate! E poi magari vanno in piazza per combattere odio, violenza e maleducazione😂  Ovviamente i seguaci del Matteo, da veri gentleman legaioli, hanno educatamente ricoperto di insulti di qualunque genere la ragazzina.
Chi ha ragione e chi ha torto? Secondo me hanno torto entrambi. La ragazza dovrebbe imparare che le persone, anche se pubbliche, non vanno fotografate di nascosto e che i gesti volgari andrebbero evitati. Ha però l’attenuante della giovane età. Anche se io a 19 anni non avrei mai pensato di comportarmi in quel modo. Salvini però, “da papà” come dice lui, poiché aveva ben chiara la consapevolezza delle reazioni che avrebbe suscitato, doveva evitare di sottoporre la ragazzina al tiro incrociato dei suoi sostenitori. E dovrebbe pure essere consapevole che forse, in qualche modo, è lui stesso la causa del decadimento e della maleducazione che dobbiamo sopportare nel nostro paese da qualche tempo.

Aggiornamento:

“Salve, sono Erika Labbe, ho 19 anni e, sorpresona, non sono una “sardina”.
Ringrazio Matteo Salvini per aver esposto il mio nome ovunque, facendo sì che mi arrivassero insulti pesanti, minacce di morte, intimidazioni varie e materiale pornografico.
Questa foto l’ho condivisa con i miei amici per evidenziare l’incredibile coincidenza di prendere un volo low-cost e ritrovarsi seduti insieme a Salvini.
Il gestaccio era, piuttosto, rivolto alle persone a cui ho inviato la foto privatamente e nulla aveva a che vedere con Salvini, il quale se vogliamo dirla tutta è circondato anche da cuoricini vari.
Non sono di sinistra e non sono di destra. Di politica mi importa ancora poco e probabilmente tra qualche anno avrò modo di capire al meglio ogni questione legata ad essa.
Non mi aspettavo un’esposizione mediatica di questa portata e sinceramente non sono minimamente interessata a diventare famosa per qualcosa che ho fatto con tutt’altre intenzioni.
Mi spiace se le persone si sono sentite chiamate in causa con questa foto, nulla di ciò era mia intenzione.
Mi riferisco ad una questione che mi sta più a cuore: il cyberbullismo esiste e quest’oggi io ne sono stata vittima.
Le parole possono fare male più di quanto crediate e questo, purtroppo, non sembra essere un parere condiviso.
Mi spiace tantissimo”.

Vietato l’ingresso …

Quando uscì questo film, “La vita è bella” – e non è passato neppure moltissimo tempo – , si vedevano gli episodi, a volte angoscianti, con la certezza che mai più si sarebbero potute verificare certe condizioni. Non era vero. E rivederlo adesso è davvero inquietante.