Don’t play war

Giorno della Memoria 2020

27.01.2020 Giornata internazionale per la commemorazione delle vittime dell’Olocausto.
Non giochiamo con la guerra.
Ora, come allora.
#DontPlayWar

Regia Jessica Anna Festa
Produzione Puck TeaTré e Fernando Guerra Visual Art
Riprese e montaggio Fernando Guerra
Grafica e comunicazione Lara Belcastro
Ringraziamenti Proteatro
Giovanni Festa

 

La lettura di oggi – Perché il citofono di Salvini non è solo una gag riuscita male

Un articolo del quotidiano online “Open” che mi pare particolarmente centrato
Non c’è giornale, rubrica o talk che non abbia mostrato lo show di Matteo Salvini a Bologna, il volto proteso verso il citofono per ‘stanare’ un presunto spacciatore, padre o figlio che fosse, e dietro di lui una selva di telecamere e smartphone a immortalare la scena, e anche qualche sporadico contestatore tenuto lontano dal fatidico citofono.

Metà Iena e metà Gabibbo, Salvini voleva far vedere come si può svillaneggiare un elemento pericoloso e estraneo alla comunità, mostrandosi come telegenico alfiere dei cittadini perbene e della loro sicurezza, pronto perciò all’incasso elettorale. Ma la storia del citofono dice purtroppo per lui altre cose.

Che lasciando il Viminale Salvini non ha però abbandonato quella preferenza per le scene esemplari, ma poi prive di effetto concreto. Che un ex ministro dell’interno, se informato di una possibile notizia di reato non va a canzonare il possibile delinquente, ma si rivolge all’autorità competente spiegando denuncia.

Che esiste una reputazione sociale la quale non può essere sfregiata per il gusto di uno spot elettorale: quel padre e quel figlio sono innocenti fino a eventuale sentenza di un eventuale processo per una ipotetica denuncia che fin qui non ci soni stati.

Sarebbe come se uno di noi andasse a suonare al citofono di casa di Salvini per chiedergli se è un sequestratore, un occultatore di milioni del finanziamento pubblico o il percettore di tangenti dalla Russia. Se ne indignerebbe, e avrebbe pienamente ragione: ma è proprio lo stesso fallaccio che lui ha compiuto ieri sera.

E poi lo sbrego più grande, su cui Salvini è recidivo, e per il quale ha subito la protesta ufficiale di Tunisi: appunto quello di catalogare i presunti trasgressori per gruppo nazionale, etnico o religioso, per evidenziare la loro diversità dagli italiani.

Salvini ha il vento in poppa, è il capo indiscusso della prima forza politica italiana per consensi alle ultime europee e nei sondaggi, gode di un consenso ampio. Ma proprio per questo simili comportamenti sono gravi e pericolosi, anche perché il “Capitano” vanta, come la Settimana Enigmistica, numerosi tentativi di imitazione, tra i suoi e non solo. E ieri non ha dato un bell’esempio.

Il disgusto.

 

 

 

La tromba di famiglia

Ho ritrovato per caso questo “documento” del 2005 che mi ha sempre fatto ridere, nonostante l’argomento.  A distanza di tanti anni mi chiedo se questo necrologio sia stato poi pagato o se il Corriere della Sera si sia almeno scusato per l’imbarazzante refuso 😊.

Bleah

Posso dire che ho trovato il comportamento di ieri di maggioranza e opposizione ugualmente riprovevole? Sì lo dico.
Direi che ormai ho manifestato fin troppo bene la mia spiccata antipatia per la Lega e Salvini. come pure per i 5 Stelle e per Meloni e Fratelli d’Italia. Bene ieri pure il PD, che non ha avuto il coraggio di presentarsi alla Giunta per le autorizzazioni a Procedere (come pure il fatto che non ha ancora provveduto a modificare gli ignobili Decreti Sicurezza di Salvini)  mi ha davvero provocato disgusto. Ecco l’ho detto. Sono felice di non dover andare a votare adesso.

Ieri, su Repubblica, un interessante articolo di Ilvo Diamanti

L’incerto PD ritrovi se stesso
Il dibattito sul Pd – e nel Pd – è aperto. Acceso. In attesa del passaggio – decisivo di domenica prossima. Quando si voterà in Emilia-Romagna. Una Regione “rossa”, fino a pochi anni fa. Storicamente di sinistra. Come altre, situate nella stessa area.

Ma la Mappa geopolitica dell’Italia ha perduto da tempo i colori tradizionali. E oggi il Pd appare incerto. Su tutto. Anche a “casa sua”. Per questo, vorrebbe rinviare il voto della commissione sul caso Gregoretti. Per non offrire argomenti a Salvini. Perché non è più sicuro del consenso ai propri argomenti. E ai propri “valori”. Così l’Emilia-Romagna assume un peso determinante per il futuro della sinistra. Che, in Italia, ha osservato Eugenio Scalfari, “non ha vinto quasi mai”. È una questione di “confini”, come ha chiarito in modo puntuale Massimo Giannini.

I confini della sinistra. Perché oggi è in gioco il significato stesso del Pd. Del centrosinistra senza trattino, com’era stato concepito, a fine anni Novanta. Quando l’Ulivo dei partiti venne superato dal Partito dell’Ulivo. Il Partito democratico è il riassunto di quella storia. Dell’incontro fra post-comunisti e post-democristiani. O meglio, cattolici-democratici. Ma quell’esperienza, avviata nel 2007, oggi sembra avere smarrito il percorso. Senso. Per questo l’esito delle elezioni regionali, in Calabria ma soprattutto in Emilia-Romagna, non cambierà il segno di questa prospettiva. Comunque vada.

È quanto ho cercato di spiegare a Contigliano. In un’abbazia bellissima. Dove sono stato invitato, anche se non iscritto (o forse proprio per questo), ad aprire il (cosiddetto) Conclave del Pd. Per illustrare le tendenze dell’opinione pubblica. Utilizzando i dati e le Mappe che propongo, regolarmente, su queste pagine. Ma, alla descrizione, ho aggiunto una riflessione specificamente riferita al Pd. Un partito che rischia di perdere non tanto le elezioni, ma “senso” e “spazio” politico. La geo-politica è lo specchio di questo “dis-orientamento”. Perché il territorio riassume il retroterra sociale, storico. In altri termini: l’identità. Un problema “radicale”. Di “radici”.

Infatti, l’identità serve a spiegare chi siamo. Nome, cognome, famiglia, residenza. Volto. Le informazioni riassunte nella “carta di identità”. Ma oggi questi riferimenti appaiono sbiaditi. Ir-riconoscibili. Anche perché il Pd – e, in generale, la sinistra – non riesce a imporre valori, parole, idee di interesse comune. Al contrario, il clima d’opinione del tempo appare influenzato, anzi, determinato, dagli argomenti e dal linguaggio della destra. Ma, soprattutto, della Lega di Salvini.

Un problema che non riguarda solo l’Italia, ma l’Occidente. In Francia, Germania, Gran Bretagna, per non parlare degli Usa: la questione si ripropone. E favorisce i populismi e la destra. Perché dovunque il clima d’opinione è dettato da due temi principali. La sfiducia e le paure. Verso gli “altri”. Lontani e diversi da noi.

Gli stranieri. Così, cresce la domanda di “confini”. Mentre si accentua il distacco dalle istituzioni e dalle classi dirigenti. Favorito, in qualche misura, dai nuovi media. Perché la demo-crazia rappresentativa è condizionata dalla “comunicazione” fra Demos e Kràtos. Fra popolo e governo. Un tempo, era garantita dai “padri” del Pd: i “partiti di massa”. Contestati, perché ri-producevano organizzazione e burocrazia. In altri termini, per citare un noto libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, la Casta. Ma, al tempo stesso, i “partiti di massa” esprimevano partecipazione, relazioni sociali. Erano nella società. Contribuivano a riprodurla. Poi, con l’avvento della televisione, i partiti si sono personalizzati e la politica si è spettacolarizzata. Oggi, infine, il digitale e i social media hanno imposto un modello (forse, un “mito”) diverso.

Senza mediazioni e senza mediatori. Contro tutte le mediazioni. Dunque, contro la “democrazia rappresentativa”. Così siamo entrati nell’epoca della sfiducia. Nella quale si affermano anti-partiti e non-partiti. Non è colpa della rete. Tuttavia, la comunicazione digitale mette tutti in comunicazione. Sempre con gli altri. Ma sempre da soli. E favorisce una “democrazia della sorveglianza” (come la definisce Rosanvallon).

Per questo il Pd e la Sinistra, se non propongono riferimenti diversi e alternativi, sono condannati. Investire nella fiducia, contrastare la paura: diventano una via obbligata per non perdere. Non solo le elezioni. Ma anche “senso”. Per non perdersi. Come nel caso dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per il caso Gregoretti. Che il Pd vorrebbe rinviare, per non fornire al leader della Lega argomenti di campagna elettorale. In questo modo, però, non si rinvia solo il voto.
Si rinuncia ai propri valori. Per ragioni tattiche.

Ma per ritrovare un’identità occorre rinunciare agli opportunismi. E ricostruire un legame diretto con la società e con il territorio. Con le persone. Con i movimenti che non rinunciano a mobilitarsi. Come hanno (ri)fatto le Sardine a Bologna. Proprio ieri. La sinistra deve tornare sul territorio e nella società. Lo ha rammentato di recente Romano Prodi, padre dell’Ulivo e nonno del Pd. E lo ha ribadito Nicola Zingaretti, intervistato da Repubblica. Altrimenti non c’è speranza di fronte a Salvini, che dispone di una comunicazione efficiente. E si muove sul territorio senza ostacoli. Perché il centrosinistra, il Pd: è altrove. Incerto. Ma, senza reinventarsi, il Pd è destinato a estinguersi. Per questo deve cambiare. Non solo il nome. Ma l’Identità. Meglio “dissolversi”. Per riapparire altrove. Altro.

Perché in Italia nessuno mette la mascherina anti–smog?

Perché in Italia nessuno mette la mascherina anti–smog? Se lo è chiesto la redazione di “The Submarine” che ha affidato il servizio al bravo Alessandro Massone.
Mi piace proporvi il video di questo giovane giornalista inviandogli anche tanti complimenti (con un saluto alla sua mamma Maria Angela, mia compagna di liceo).

Consigli di serie : “Chiamatemi Anna” Terza stagione

Vi avevo parlato lo scorso 28 settembre della serie “Chiamatemi Anna” tratto dal celebre romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery.  Come vi dissi se non me l’avesse consigliato l’amico Saverio non mi sarebbe venuto in mente di vederla e poi ne ero stato conquistato. Erano le prime due stagioni ed ora Netflix ha finalmente rilasciato la terza, che pare anche sarà l’ultima.  Peccato perché non ha perso smalto neppure negli ultimi 10 episodi.  «Vorrei che fosse diverso, ma non lo è. Abbiamo raggiunto la fine della strada rossa di Green Gables dopo tre stagioni meravigliose»,  ha detto Moira Walley-Beckett ideatrice della serie. Nella terza stagione ritroviamo temi come femminismo, bullismo, identità,  emancipazione filtrati con gli occhi della protagonista Anne Shirley-Cuthbert. Come avevo già scritto, è una vecchia storia narrata con i mezzi ed il linguaggio della televisione moderna. Da vedersi.

Orgoglioso del proprio imbarazzo.

Da Repubblica

In questo video, pubblicato sul profilo Facebook di Matteo Salvini, un intervento sul palco delle Sardine a San Pietro in Casale (Bologna), viene montato in modo da ridicolizzare il ragazzo che parla e le persone in piazza. Sergio Echamanov, ventenne, rappresentante porta a porta, nel discorso s’impappina, capita a tutti. Ma il video, appositamente tagliato, è accompagnato da un commento sprezzante: “Guardate la carica e la grinta che avevano pesciolini e sinistri poco fa a San Pietro in Casale. Se pensano di fermarci così… abbiamo già vinto!”. Tanti commenti carichi di astio, anche contro le donne riprese nel video che scandiscono “San Pietro non si lega”. Dopo l’attacco di Salvini Sergio reagisce così: “Mi sento orgoglioso del mio imbarazzo, non avevo preparato nulla, nemmeno il discorso, perché volevo essere me stesso. Sono Dsa (disturbi specifici di apprendimento) e ne sono orgoglioso: talvolta hai difficoltà nelle esposizioni, ma stavolta c’entra poco, in realtà non ero preparato a parlare in quel momento, ha giocato più l’emozione. Credo in una politica che non brutalizzi l’umano, ma che renda libero ogni essere umano di essere ciò che è. Cosa rispondo a Salvini? Grazie Matteo, ma a me l’unica cosa che hai tolto è la serenità sul lavoro.

Ma veramente non vi fa orrore un comportamento così?

(video Facebook / Matteo Salvini)

Qui un articolo di Ilaria Venturi

BOLOGNA – Sale sul palco delle Sardine durante il flash mob organizzato ieri in San Pietro in Casale, un paesone nella Bassa bolognese, in concomitanza con la visita di Matteo Salvini in campagna elettorale per il voto del 26 gennaio. Erano un centinaio, avevano portato tutti i libri in piazza dopo essersi passati parola via social: cultura contro populismo. Sergio Echamanov, 21 anni, rappresentante porta a porta, prende parola e nel discorso s’impappina, capita a tutti.
E cosa succede? Il video in cui lui parla, tagliato, viene postato da Matteo Salvini nella sua pagina Facebook con un commento sprezzante: “Guardate la carica e la grinta che avevano pesciolini e sinistri poco fa a San Pietro in Casale. Se pensano di fermarci così… abbiamo già vinto!”. E giù commenti carichi di astio, anche contro le donne riprese nel video che scandiscono “San Pietro non si lega”. La gogna travolge la giovane Sardina che ora rischia di perdere il lavoro, denuncia il movimento facendo riferimento a quanto potrebbe diventare difficile vendere prodotti presentandosi nelle case una volta che sei stato esposto nei social. “Un post barbaro, ora basta”, reagiscono le Sardine. “Cyberbullismo inaccettabile, da un ex ministro poi è una vergogna – chiosa Maurizio Tarantino, tra i promotori del flash mob –  Quello di Sergio è stato un intervento coraggioso e molto emozionato. Dopo poco si è visto pubblicare il suo discorso da Matteo Salvini, tagliato quasi totalmente e con solo i momenti in cui era più incerto e gli scappava qualche esclamazione. Il video ha il chiaro intento di mettere in pubblico imbarazzo un ragazzo. Il video integrale tra l’altro ha dei momenti molto intensi e un discorso con un chiaro senso politico. L’ex ministro ha ovviamente manipolato”.

Nel passaggio del suo discorso riportato dal video Sergio dice: “I libri sono l’unico modo per renderci liberi, liberi non da un governo che ha portato la migliore sanità in Emilia Romagna, ma liberi dall’odio e dalle manifestazioni di antisemitismo di quel partito”, ovvero la Lega. E dopo l’attacco di Salvini, che lo deride in Facebook, reagisce così:  “Mi sento orgoglioso del mio imbarazzo, non avevo preparato nulla, nemmeno il discorso, perché volevo essere me stesso. Sono Dsa (significa disturbi specifici di apprendimento, ovvero difficoltà nella lettura e nella scrittura – ndr) e ne sono orgoglioso: talvolta hai difficoltà nelle esposizioni, ma stavolta c’entra poco, in realtà non ero preparato a parlare in quel momento, ha giocato più l’emozione. Credo in una politica che non brutalizzi l’umano, ma che renda libero ogni essere umano di essere ciò che è. Cosa rispondo a Salvini? Grazie Matteo, ma a me l’unica cosa che hai tolto è la serenità sul lavoro”.

Sergio, che all’università, poi lasciata per rendersi indipendente economicamente, è stato segretario dell’Unione degli universitari, è uno impegnato. Si è avvicinato alle Sardine a Ferrara: “Ho visto l’odio che si è creato contro di loro. So cosa vuol dire essere presi di mira, io sono gay e alle superiori ero oggetto di bullismo. Ora sono un uomo forte, Salvini non mi ferisce. Ma partirà una querela nei suoi confronti”.

Sul lavoro precisa: “L’azienda non mi vuole licenziare per quello che è successo, questo non è in discussione. Il problema per me sarà suonare al campanello nelle case con il timore di essere attaccato per le mie idee politiche. Il livello di razzismo e di odio in Italia è cresciuto in modo preoccupante e la responsabilità è di una certa politica, sono gli effetti del populismo. Quello che dobbiamo fare è riflettere su quale classe politica vogliamo”. 

Le reazioni non si fanno attendere.  “Non c’è maggiore violenza che prendere in giro una persona per quello che è o che esprime. Dietro i falsi sorrisi e le bevute in compagnia riemerge un’anima violenta che ha come radice l’odio e l’intolleranza. Fermeremo questa deriva. A Sergio mando un abbraccio forte, da parte di tutti i democratici” scrive su Facebook il segretario Pd Nicola Zingaretti.

“Salvini non perde occasione per fare il bullo sui social – attacca Anna Ascani, viceministra all’Istruzione (Pd) – Senza rispetto per niente e nessuno, dalla sua “bestiale” pagina partono continuamente veri e propri attacchi, anche personali. Donne, uomini, ragazzi, persino minorenni: nessuno viene risparmiato dalla sua macchina del fango digitale”. E ancora: “Un uso squadrista dei social che deve finire. E sono contenta che Sergio abbia deciso di querelare Salvini. Personalmente approfitto per fargli i complimenti. Condivido in pieno la sua frase: i libri sono l’unico modo per renderci liberi”.

Un gesto “vigliacco”  per la vicepresidente del Senato e senatrice Pd Anna Rossomando. “Solidarietà a Sergio, quante volte sono stata sopraffatta anche io dalle emozioni su un palco con un microfono in mano – dichiara Marilena Pillati, vicesindaca di Bologna e candidata alle Regionali – Questa campagna elettorale ha oltrepassato da un pezzo ils egno. Chi disprezza la dignità delle persone non dimostra coraggio ma solo la sua mideria, Salvini si vergoni”. “Salvini ha superato ogni limite” attacca Raffaele Bruschi, coordinatore dell’Unione degli universitari Ferrara e responsabile ambiente dei Giovani Democratici Emilia Romagna.

La Bestia di Salvini sempre più colpisce le persone che scendono in piazza con le Sardine, come era già successo alla giovane assessora di un Comune del Bolognese, Silvia Benaglia, che ha denunciato il leader della Lega portando il caso in tribunale con la legale Cathy La Torre.

Le Sardine avevano reagito anche per difendere Nibras Asfa, la ragazza palestinese che ha parlato dal palco di San Giovanni, durante la manifestazione romana del movimento. Salvini le aveva dedicato un post dove si usava il termine “asfaltata”. Così come è stata attaccata Jasmine Cristallo, voce delle Sardine al Sud dopo la manifestazione di Riace: il sindaco leghista Antonio Trifoli ha dato in pasto ai social tutti i suoi dati.

 

Standing Ovation

Come posso definire quello che provo nei confronti di Alessandro Sallusti? Meglio non definirlo, per decenza. La professione del giornalista dovrebbe essere quasi una missione alla ricerca della verità. Lo so: sono in pochi  a potersi definire ottimi giornalisti. Ma tra ottimi e Sallusti (e Belpietro, Giordano, Del Debbio, Porro,  pure, tralasciando Feltri che ormai è solo una macchietta) c’è un salto notevole. Impossibile pensare che esista l’imparzialità totale. Un po’ di faziosità è inevitabile. Ma un conto è far trasparire il proprio pensiero, un altro è “pettinare” a favore delle proprie tesi e dei propri padrini politici una notizia. Senza contare i titoli ad effetto studiati solo per abbindolare i lettori meno scafati. Quindi, quando c’è qualcuno che dice a questi personaggi come stanno le cose beh… vien proprio voglia di alzarsi in piedi e applaudire.