Piccolo spazio pubblicità

Oggi mi concedo un po’ di pubblicità per un portale internet che curo ormai da vent’anni. Si tratta di www.musical.it , sito informativo sul teatro musicale italiano ed internazionale. Un genere che, appunto negli ultimi vent’anni, ha avuto un riscontro sempre maggiore anche nel nostro paese. Mi fa piacere parlarvene oggi perché da ieri siamo on line con una nuova versione del sito, che abbiamo rinnovato dopo un lungo periodo (l’ultimo restyling risaliva a più di dieci anni fa). Era stato creato nel 1997 a sostegno della prima mitica edizione di “Grease” (quella con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia), ma poi è diventato un punto di riferimento per gli appassionati che vi possono trovare notizie su nuovi allestimenti, i tour italiani delle varie produzioni, i musical in scena nelle capitali del genere che sono indubbiamente Londra e New York, e … anche un po’ di gossip. La mia è una passione esplosa nel 1988 quando, durante la mia prima visita a New York, sono stato a vedere “Cats”. Da lì è partito tutto: la sera dopo ero ad assistere a “Starlight Express” e poi purtroppo dovevo rientrare. Ma poi eccomi a Londra per “The Phantom of the Opera” e altro… e così via… non mi sono mai fermato. Fino a che nel 1992, come Direttore del Teatro Civico di Tortona, ho ospitato il riallestimento del musical “La Cage Aux Folles” e quindi ho avuto la possibilità di conoscere e fare amicizia con Saverio Marconi, che è indubbiamente la persona cui si deve il successo del musical in Italia ed anche un deciso cambiamento della mia attività professionale 😊. Quindi se volete fare un salto a vedere www.musical.it mi fate piacere perché così fate aumentare il contatore delle visite. Grazie. Ah: potreste anche mettere un “mi piace” alla pagina Facebook e seguire il profilo Twitter e quello Instagram. Grazie.

Alla faccia delle menti chiuse

Ieri sono stato a prendere un caffè in una notissima caffetteria di Milano (non dico il nome non per evitare pubblicità ma per non rendere riconoscibili e mettere in imbarazzo le persone di cui parlerò). Mentre ero in coda per fare lo scontrino, due dei giovani baristi, entrambi di sesso maschile, incrociandosi dietro il bancone, dopo essersi guardati con occhi più che affettuosi, si sono scambiati un rapido, casto, bacio sulla bocca, proseguendo poi il proprio lavoro. Una scena molto bella, tenera, piena d’amore, di felicità.. Ma la cosa che più mi ha sorpreso, positivamente, è che nessuno dei presenti è parso imbarazzato o scandalizzato dalla cosa. Anzi: un’anziana signora (decisamente più anziana di me) che ha notato che anch’io avevo visto, mi ha sorriso dicendo “Che carini!”. Beh: è una di quelle situazioni che ti fa sperare che le menti chiuse non potranno averla vinta, che non riusciranno a riportarci nel medio evo. Insomma: alla faccia del ministro Fontana, delle sentinelle in piedi, di Pro Vita e così via…

Quattro frecce… e via!

Il dispositivo, presente per legge in tutte le automobili, che permette di accendere contemporaneamente i quattro indicatori di direzione, è consentito dal codice della strada solo per segnalare situazioni di reale pericolo: per ingombro della careggiata in caso di incidente, per segnalare un improvviso rallentamento e incolonnamento, per un guasto al motore… insomma non per parcheggiare in seconda o terza fila per scendere a prendere il caffè. L’accensione delle quattro frecce non autorizza qualsiasi parcheggio selvaggio che costringa gli altri automobilisti a pericolose manovre per evitare incidenti. Non è una giustificazione se si bloccano altre automobili o il passaggio di un’ambulanza. Ma soprattutto non consente di parcheggiare o sostare davanti al mio cancello, dove è anche esposto chiaramente il segnale di passo carrabile. Invece questo avviene circa due/tre volte al giorno, spesso naturalmente quando io devo entrare e uscire. A dire il vero ultimamente questi signori e signore non accendono neppure più le quattro frecce. Parcheggiare lì è così comodo che non capiscono perché io a volte debba farli spostare e mi guardano con fare tra l’interrogativo e lo scocciato…

Fazio e Lucano

Scrivo queste righe prima di sapere se effettivamente il programma di Fabio Fazio di domenica 21 ottobre ha ospitato Mimmo Lucano, Sindaco o per meglio dire, forse, ex Sindaco di Riace, al centro di un caso politico-giudiziario nelle scorse settimane.  Il solo annuncio della sua presenza a “Che tempo che fa” ha suscitato le proteste della Lega che ha detto “La tv pubblica non può divulgare modelli distorti sull’onda di strumentalizzazioni ideologiche. Sulla questione prepareremo, inoltre un’interrogazione in commissione di vigilanza Rai“. Ho trovato molto azzeccato il commento di Michele Serra – che è stato uno degli autori di Fazio – nella sua rubrica “L’Amaca” su Repubblica, che ho pensato di riportare qui:

Perché Fabio Fazio ha invitato Mimmo Lucano? Ve lo spiego io, e vi prego di credermi: è stato il mio lavoro fino a quattro anni fa. Ci si riunisce in cinque o sei attorno a un tavolo (il conduttore e gli autori) e ci si chiede: sulla base di quello che interessa il pubblico e lo fa discutere, chi sarebbe interessante invitare? La domanda è squisitamente professionale. Cioè: riguarda il lavoro per il quale si viene pagati. Appuntatevi questa parola: il lavoro.
Poi, dopo il lavoro, arriva la politica. Arrivano le dichiarazioni stizzite di capi e capetti che si sentono in dovere di spiegare come si fa la televisione a chi fa la televisione. Che contano quanti sono gli ospiti in quota a loro, quanti gli ospiti in quota agli altri, senza lontanamente immaginare, vanitosi e gretti come sono, che esistono persone (molte) in quota a nessuno. Che biasimano, minacciano, invocano censure. Spiace dire che, da questo punto di vista, sono davvero tutti uguali, pronti a gridare all’editto bulgaro quando a censurare sono gli altri, e di “doveri del servizio pubblico” quando a censurare sono loro. Ma quello che li unisce davvero è parlare di cose che non sanno e di un mestiere che non conoscono. Come se io volessi insegnare a un falegname come si fa una cassettiera.
In breve, l’oscenità di ogni pressione politica sulla Rai non sta solamente nell’odioso spirito censorio (che echeggia, questa volta, nelle parole dei leghisti). Sta nella violazione, al tempo stesso violenta e inetta, delle competenze e del lavoro altrui. 

Riflettendoci, non è solo un problema della tv pubblica e non è solo un problema politico, ormai. Quello di scarse competenze anche di dirigenti, a.d. e manager… trovo sia decisamente diffuso. Io credo che il peggior problema della nostra epoca sia la presunzione di ciascuno di noi (e intendiamoci: mi ci metto pure io eh).

No, non è Lercio…

Guardate questa pubblicità. Io l’ho anche ricevuta come e-email nella mia casella di posta. All’inizio pensavo fosse “Lercio”, la divertente testata satirico-umoristica… e invece no… è proprio vero…

Si tratta di “Libero”, un “giornale” vero (vabbè si fa per dire). E’ chiaro che sicuramente sarà tutto legale, che se lo fanno avranno sicuramente tutti i diritti di farlo… Io però trovo la cosa davvero deprimente, perché è indicativa del clima che si respira in Italia e che è alimentato dalla nostra classe politica, che mira solo ad assicurarsi qualche voto in più. Spero almeno ne vendano davvero poche. Che tristezza.

Quanto sei bella Roma, ma…

Sono da sempre innamorato di Roma, ci torno spesso molto volentieri ma… da qualche anno il degrado della città davvero mi fa star male. Questo non vuole essere un post contro l’amministrazione Raggi. Voglio solo sottolineare che solo ieri mi è capitato di vedere due notizie che non mettono sicuramente in buona luce la nostra Capitale. La prima riguarda i manifesti che il Comune ha lasciato affiggere per la città che, oltre a far passare un messaggio chiaramente omofobo, sono anche davvero brutti.

Non entro nel merito dell’opinione, lecita, che l’utero in affitto sia una pratica contestabile, anche in caso di genitori eterosessuali.  Credo che su quell’argomento si possa essere o non essere d’accordo. Ma da quel manifesto traspare solo un’ideologia omofoba e retrograda, superata nel mondo e nel tempo e, di conseguenza, solo per menti limitate.

Per il secondo caso vi lascio con un filmato che dice già tutto!

Una buona notizia (ogni tanto)

Una di quelle notizie che ti fanno pensare che ancora esiste la solidarietà e che, quindi,  non tutto è perduto.

L’articolo di Oriana Liso su Repubblica:

Il primo giorno alla mensa scolastica, tutti assieme. Dopo settimane di polemiche e proteste, da oggi a Lodi tutti i bambini figli di immigrati che non potevano accedere al servizio per un provvedimento della giunta leghista potranno pranzare con i loro compagni. Una storia che ha provocato molte reazioni politiche, da quelle del vicepremier Matteo Salvini – che ha difeso la scelta della giunta – a quelle di diversi esponenti del Movimento 5 Stelle, da Luigi Di Maio a Roberto Fico, con dichiarazioni più morbide rispetto all’alleato di governo, tanto che Salvini ha replicato a Fico: “Faccia il presidente della Camera”.Non è una marcia indietro dell’amministrazione, però: perché è soltanto grazie a una raccolta fondi nazionale organizzata da un coordinamento di cittadini lodigiani che le famiglie dei circa 180 bambini stranieri potranno pagare il buono mensa. Una raccolta fondi, quella del coordinamento Uguali doveri, che in pochissimi giorni ha raccolto oltre 60mila euro da tutta Italia, soldi arrivati da persone indignate per la scelta del Comune di obbligare i genitori stranieri a produrre una documentazione molto difficile, se non impossibile, da reperire nei paesi di origine per poter avere le agevolazioni sul costo del buono pasto. Per questo le famiglie straniere – persone che vivono e lavorano regolarmente da anni in Lombardia -, non potendosi permettere di pagare la tariffa piena, sono state costrette a mandare a scuola i loro figli con un panino, che dovevano mangiare in un locale separato rispetto ai compagni. Con i soldi raccolti, quindi, le famiglie potranno pagare la differenza tra quanto avrebbero pagato in base al loro reddito Isee e la tariffa massima, almeno fino a dicembre. Spiega Valentina Tronconi del coordinamento: Prima di poter riequilibrare la situazione ci vorrà del tempo. Per adesso abbimo informato le famiglie che ci avevano contattato. Ma ci sono ancora molti genitori che non sanno di questa possibilità, di questo aiuto e continuano a portare i figli a casa nella pausa pranzo”. Le richieste arrivate al Comune sono 316, di cui 177 per la mensa, 75 per lo scuolabus, 43 per il pre e post scuola e 23 per gli asili nido.”Chi è in difficoltà dovrà rivolgersi al Coordinamento e dopo una veloce verifica della domanda colmeremo la differenza: se prima queste famiglie pagavano 2 euro al giorno per la mensa del proprio figlio e adesso ne devono pagare 5, la differenza di 3 euro sarà versata da noi grazie ai fondi raccolti”. Una vittoria temporanea, quindi. Perché la battaglia del coordinamento – che ha presentato un ricorso al tribunale di Milano contro il provvedimento del Comune, e verrà discusso a novembre – va avanti nella protesta. Oggi a Lodi è stato convocato un presidio sotto la sede del Comune, al Broletto, che durerà 12 ore. I manifestanti chiedono di incontrare la sindaca o l’assessora all’Educazione. Abdelrahman El Saidm, che coordina la protesta degli extracomunitari che denunciano come sia impossibile o molto difficile produrre certificati su tutte le loro proprietà nei Paesi di provenienza (non nelle città di origine, ma nell’intero Stato), spiega: “Su circa 300 domande per ora state ne sono state accolte solo 5, cosa che si ritiene inaccettabile”. Qualcosa, forse, si muove in Comune: la giunta comunale nei prossimi giorni dovrebbe elaborare una lista di Paesi esteri che verranno esclusi dalla produzione del certificato richiesto con il nuovo regolamento comunale sulle agevolazioni per i servizi legati alla scuola, come la mensa.La questione, infatti, non riguarda solo le agevolazioni per l’accesso alla mensa, ma anche al nido e al trasporto con lo scuolabus. Una situazione che, quindi, costringe madri e padri che lavorano a non mandare i figli piccoli al nido perché senza i documenti richiesti.

Acqua Ferragni

La scorsa settimana ne hanno parlato un po’ tutti. Quel genio del marketing di Chiara Ferragni (non la seguo ma ne riconosco le indubbie capacità di comunicazione) ha disegnato e firmato una bottiglia per l’acqua minerale Evian, che viene venduta a 8 Euro. Insomma, effettivamente un’enormità, ma so che non è la prima e non sarà neppure l’ultima. È chiaro che il prezzo non sia determinato dall’acqua – che è una comunissima acqua Evian, comunque di per sé già più cara delle altre – ma dal packaging. È chiaro forse, ma non per tutti, perché c’è stata addirittura un’interpellanza parlamentare da parte di un senatore di Fratelli d’Italia e pure una formale protesta del solito – di cui non ho nessuna stima – Codacons che ha scritto: “Vendere una bottiglia di normalissima acqua da 75 cl a 8 euro al litro è un fatto non solo immorale, ma potenzialmente illegittimo. Esiste infatti in Italia una legge, la 231/2005, che prevede il contrasto dei “prezzi anomali” nel settore alimentare”. Mi sembra davvero solo un’uscita per fare pubblicità all’associazione e di nessuna utilità. Escludo che tale iniziativa porti ad un aumento di tutta l’acqua minerale in commercio ed escludo anche che tutti gli italiani siano così sprovveduti da pensare di acquistare un’acqua che valga quel prezzo. Se uno la compra è perché vuole avere quel pezzo da collezione, o gli piace davvero così tanto la bottiglia da desiderare di averla in casa, magari per scherzarci con gli amici, oppure è un fan sfegatato della signora Fedez. In ogni caso fa quel cavolo che gli pare senza dover essere tutelato dal senatore o dal Codacons.

Un teatro rinato. Una grande gioia!

Oggi voglio rendervi partecipi di una grande gioia che ho provato ieri. Dopo dieci anni ho visto, magnificamente restaurato, un teatro cui sono legato da molti ricordi, perché proprio qui è cominciata la mia seconda avventura lavorativa. Sto parlando del Teatro Vaccaj di Tolentino. Nel 2008 un incendio lo aveva distrutto quasi completamente. Ma questa cittadina marchigiana, provata anche dal terremoto, ha saputo reagire e, conscia del fatto che il teatro è un luogo importante per una città, ha deciso di investire in quest’opera di recupero. Ora il Teatro Vaccaj è stato restituito alla città e vanta una prima stagione davvero di tutto rispetto. Il primo spettacolo è stato un musical, “Big Fish”, con la regia di Saverio Marconi. La sua Compagnia della Rancia è nata e cresciuta in questo teatro e non poteva esserci modo migliore di festeggiare questa inaugurazione. Un musical che mi ha emozionato davvero tanto, per la tematica affrontata e anche grazie alla straordinaria interpretazione di Giampiero Ingrassia e Francesca Taverni, con la presenza nel cast di un divertente Michele Renzullo. Bravissimi, entusiasti ed affiatati tutti i ragazzi in scena. Speriamo davvero ci sia la possibilità, in futuro, di un tour per questo spettacolo. Evviva il teatro.


Quota 100!

Avrete letto o sentito dell’invito rivolto dal nostro Ministro degli Interni Matteo Salvini al Presidente dell’INPS Tito Boeri che ha criticato la ventilata manovra economica che porterebbe alla sostituzione della legge Fornero con l’ormai celebre “Quota 100”.

Mi astengo dal commentare l’eleganza di questa uscita, che proprio non capisco perché debba iniziare con “da italiano”… Anche da leghista, da maschio latino, da Matteo, da automobilista, da fidanzato della Isoardi… ma non vedo cosa c’entri. Ma a parte queste amenità, vi confesso una cosa: in cuor mio in realtà spero davvero che la “quota 100” venga approvata ed entri in vigore presto. Io sto infatti per raggiungerla in pieno proprio questo mese e non mi dispiacerebbe per niente poterne usufruire. Però vorrei che potesse essermi erogata la pensione ancora per un po’ di anni  e che quindi lo Stato Italiano non andasse in fallimento. E allora: a chi credere?

Tito Boeri:  si è laureato in economia nel 1983 presso l’Università Bocconi, dove in seguito è stato docente ordinario e prorettore per la ricerca.[3]. Nel 1990 ha ottenuto il PhD in economia alla New York University. Nell’università milanese è stato il primo professore a introdurre un corso interamente in lingua inglese. Professore ordinario di economia del lavoro, svolge le proprie attività di ricerca presso l’IGIER dell’Università Bocconi. È stato direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, istituzione volta a promuovere la ricerca nel campo della riforma dei sistemi di welfare e dei mercati del lavoro in Europa, fino al momento della sua nomina a presidente dell’INPS. È stato consulente del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione europea e del governo italiano, nonché senior economist all’OCSE dal 1987 al 1996. È inoltre research fellow del CEPR, del William Davidson Institute dell’Università del Michigan, del Netspar dell’Università di Tilburg e dell’IZA – Institut zur Zukunft der Arbeit (Istituto per il Futuro del Lavoro) a Bonn. È membro del Consiglio della European Economic Association. (da Wikipedia)

Matteo SalviniNel 1985, a 12 anni, partecipò a Doppio slalom condotto da Corrado Tedeschi su Canale 5 e nel 1993, a 20 anni, a Il pranzo è servito condotto da Davide Mengacci, all’epoca in onda su Rete 4. Salvini frequentò il Liceo Classico “Alessandro Manzoni” di Milano, dove si diplomò nel 1992, con una valutazione di 48/60. Si iscrisse quindi al corso di laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Milano, per poi trasferirsi l’anno dopo al corso di laurea in Storia. Durante il primo anno di studi storici, Salvini – per potersi mantenere – lavorò presso la catena di fast food Burghy. A commento di questo periodo Salvini scherzò così: «Arriverà prima la Padania libera della mia laurea». In seguito, decise di abbandonare l’Università a cinque esami dalla conclusione del ciclo di studi – dopo 16 anni] –, senza aver conseguito una laurea.
Durante l’adolescenza e in gioventù frequentò assiduamente il centro sociale Leoncavallo, peraltro risultando tra i fondatori della corrente politica – in seno al Parlamento padano – dei Comunisti Padani di cui fu anche capolista, conquistando 5 dei 210 seggi disponibili. Di quel periodo dirà che: «Chi non ha mai frequentato un centro sociale? Io sì, dai 16 ai 19 anni, mentre frequentavo il liceo, il mio ritrovo era il Leoncavallo. Là stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni». Nel 1994, in qualità di consigliere comunale del Comune di Milano, pronunciò il suo primo discorso pubblico per difendere il centro sociale Leonacavallo dallo sgombero disposto dal sindaco leghista Marco Formentini. (da Wikipedia)

A chi credere, eh???

Comunque, se avete ancora un po’ di tempo, vi lascio da leggere un interessante articolo di Sabino Cassese, sullo stesso argomento, ma scritto, sul Corriere della Sera, dopo una dichiarazione di Luigi di Maio.

«Se Banca d’Italia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima volta si presenti alle elezioni con questo programma», ha dichiarato Luigi Di Maio il 9 ottobre scorso, commentando le valutazioni espresse dalla banca centrale in Parlamento sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Dunque, per il vicepresidente del Consiglio dei ministri tutto il potere discende dal popolo ed è sempre il popolo che, mediante elezioni, deve pronunciarsi. La democrazia è ridotta ad elezioni e anche i vertici della Banca d’Italia debbono presentarsi all’elettorato o sottostare alla volontà del governo.

Questa è una versione romanzata della democrazia, che, invece, ha al suo interno poteri e contropoteri, non tutti con una investitura popolare diretta. Le corti giudiziarie, la Corte costituzionale, le autorità indipendenti, le università, sono corpi autonomi, alcuni garantiti come tali dalla stessa Costituzione.

L e persone che ne sono titolari non sono elette, ma scelte in altri modi, per lo più sulla base del merito, delle competenze, dell’esperienza, con competizioni aperte (concorsi). In questo modo si realizza il pluralismo del potere pubblico, si riconosce il potere della conoscenza, quello della competenza, quello del giudizio imparziale. Questo pluralismo serve a uno scopo fondamentale, quello di impedire la tirannide delle maggioranze, un pericolo segnalato nel 1788 da James Madison in America, nel 1835 da Alexis de Tocqueville in Francia e nel 1859 da John Stuart Mill in Inghilterra. Questi pensatori e uomini politici, le cui idee sono state alla base delle democrazie americana, francese e inglese, erano preoccupati di equilibrare i poteri dello Stato e di evitare che la maggioranza (popolare e parlamentare) imponesse alla società le proprie idee e le proprie pratiche, garantendo così i dissenzienti e i diritti individuali nei confronti dell’opinione e dei sentimenti prevalenti.

Un posto particolare, tra i poteri indipendenti, hanno le banche centrali. David Ricardo, nel 1824, auspicava la separazione istituzionale tra il potere di creare denaro e il potere di spenderlo e il divieto di finanziamento monetario del bilancio dello Stato. Più di un secolo dopo, Milton Friedman voleva che il sistema monetario fosse libero da interferenze governative. Nel 1981, per opere di Nino Andreatta e di Carlo Azeglio Ciampi, si realizzò il completo divorzio tra Tesoro dello Stato e Banca d’Italia, che fu liberata dall’obbligo di acquistare i titoli pubblici inoptati da banche e risparmiatori. Ora la Banca d’Italia fa parte del Sistema europeo delle banche centrali. Lo Stato italiano ha firmato un trattato secondo il quale il governo si impegna a non cercare di influenzare gli organi della banca centrale. La Banca europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote. Le banche centrali non possono avere istruzioni dai governi, né sottostare a loro direttive, i loro dirigenti non possono esser rimossi, le loro competenze sono esclusive, la loro indipendenza finanziaria e organizzativa è piena. Tutto questo per sottrarre la politica monetaria alle influenze dei governi, per assicurare la stabilità dei prezzi e il controllo indipendente dei tassi di interesse.

Di Maio, nel fare la voce grossa, ignora tutto questo e commette l’errore di confondere il governo con lo Stato, errore che commette di frequente, quando, ad esempio, invita presidenti di enti a dimettersi, o pretende che alti funzionari dello Stato godano della sua fiducia.

In un momento di «hybris», l’altro vicepresidente del Consiglio dei ministri ha detto, recentemente, che l’attuale governo rappresenta la volontà di 60 milioni di italiani. Sarebbe bene che ambedue i vicepresidenti ricordassero che hanno avuto complessivamente poco più di 16 milioni di voti, che rappresentano poco più di un terzo degli italiani con diritto di voto.