Scrivo queste righe prima di sapere se effettivamente il programma di Fabio Fazio di domenica 21 ottobre ha ospitato Mimmo Lucano, Sindaco o per meglio dire, forse, ex Sindaco di Riace, al centro di un caso politico-giudiziario nelle scorse settimane. Il solo annuncio della sua presenza a “Che tempo che fa” ha suscitato le proteste della Lega che ha detto “La tv pubblica non può divulgare modelli distorti sull’onda di strumentalizzazioni ideologiche. Sulla questione prepareremo, inoltre un’interrogazione in commissione di vigilanza Rai“. Ho trovato molto azzeccato il commento di Michele Serra – che è stato uno degli autori di Fazio – nella sua rubrica “L’Amaca” su Repubblica, che ho pensato di riportare qui:
Perché Fabio Fazio ha invitato Mimmo Lucano? Ve lo spiego io, e vi prego di credermi: è stato il mio lavoro fino a quattro anni fa. Ci si riunisce in cinque o sei attorno a un tavolo (il conduttore e gli autori) e ci si chiede: sulla base di quello che interessa il pubblico e lo fa discutere, chi sarebbe interessante invitare? La domanda è squisitamente professionale. Cioè: riguarda il lavoro per il quale si viene pagati. Appuntatevi questa parola: il lavoro.
Poi, dopo il lavoro, arriva la politica. Arrivano le dichiarazioni stizzite di capi e capetti che si sentono in dovere di spiegare come si fa la televisione a chi fa la televisione. Che contano quanti sono gli ospiti in quota a loro, quanti gli ospiti in quota agli altri, senza lontanamente immaginare, vanitosi e gretti come sono, che esistono persone (molte) in quota a nessuno. Che biasimano, minacciano, invocano censure. Spiace dire che, da questo punto di vista, sono davvero tutti uguali, pronti a gridare all’editto bulgaro quando a censurare sono gli altri, e di “doveri del servizio pubblico” quando a censurare sono loro. Ma quello che li unisce davvero è parlare di cose che non sanno e di un mestiere che non conoscono. Come se io volessi insegnare a un falegname come si fa una cassettiera.
In breve, l’oscenità di ogni pressione politica sulla Rai non sta solamente nell’odioso spirito censorio (che echeggia, questa volta, nelle parole dei leghisti). Sta nella violazione, al tempo stesso violenta e inetta, delle competenze e del lavoro altrui.
Riflettendoci, non è solo un problema della tv pubblica e non è solo un problema politico, ormai. Quello di scarse competenze anche di dirigenti, a.d. e manager… trovo sia decisamente diffuso. Io credo che il peggior problema della nostra epoca sia la presunzione di ciascuno di noi (e intendiamoci: mi ci metto pure io eh).