Blog Rewind: Le serie che ho visto – Maid (11/12/2021)

Una delle serie più belle di questo 2021 è sicuramente questa: “Maid“. Statunitense, è composta da 10 episodi ed è programmata su Netflix. Trae ispirazioner dal memoir di Stephanie Land Domestica: Lavoro duro, Paga Bassa, e la voglia di sopravvivere di una Madre.

Brevemente si può riassumere che è la  storia di una giovane madre in fuga da un rapporto violento, che inizia a lavorare come domestica, mentre lotta per mantenere la figlia e costruire un futuro migliore. Ma c’è molto di più. Con protagonista la bravissima Margaret Qualley nei panni di Alex, vede spiccare nel cast anche una straordinaria Andie MacDowell nel ruolo della mamma decisamente stravagante – biopolare non diagnosticata -di Alex (ma è anche davvero la mamma della Qualley). E’ una storia commovente e coinvolgente che affronta temi importanti quali la povertà, gli abusi, la salute mentale, la ricerca della propria felicità contrapponendosi alla burocrazia di un sistema imperfetto e trovandosi a vivere da poveri nel Paese più ricco del mondo. Una mini serie davvero imperdibile. Buona visione.

Blog Rewind: Alla cassa del supermercato (05/12/2017)

Io vado spesso a fare la spesa al supermercato. Mi piace. Mi rilassa. Da solo però, per poter aggiungere alla lista quello che voglio senza “discussioni”. A volte però arrivato alla cassa tutto il relax svanisce per il comportamento della persona davanti a me. Ci sono varie tipologie di clienti che io vorrei bandire da tutti i supermercati del regno o che spero almeno vengano colpiti dal famoso meteorite della pubblicità.
Gli Speaker: parlano tutto il tempo con il cassiere dei più svariati argomenti senza riporre nelle borse gli acquisti. Iniziano a farlo quando il conto è terminato ma non pagano subito. Prima imbustano il tutto impedendo all’addetto di proseguire con il cliente successivo. Boom: meteorite!
I Carramba che Sorpresa: trovano alla cassa un amico che non vedevano da tempo e gli raccontano 25 anni di vita senza preparare gli acquisti sul nastro. Quando iniziano si accorgono di aver dimenticato un prodotto essenziale e chiedono di aspettare “un attimino”. Poi il cassiere si accorge anche che i mandarini non sono stati pesati. Boom: meteorite!
I no-cart: quelli che, chissà perché, sono contrari all’uso del carrello e mettono gli acquisti in una loro borsa. Sono i più subdoli perché credi abbiano poche cose da pagare ed invece in quella borsa riescono a far stare, non si sa come, quasi quanto in un carrello, ma impiegano molto più tempo a trasferire il tutto sul nastro ed un’eternità a riporre nuovamente i prodotti. Ed ovviamente, come gli speaker, prima di pagare devono aver finito di imbustare il tutto. Boom: meteorite!
I perfezionisti: nelle borse deve regnare ordine sovrano, quindi gli acquisti vengo riposti, con calma, per tipologia. La borsa degli alimenti freschi, la borsa degli alimenti non da frigorifero, la borsa dei detersivi, ecc. Anche i perfezionisti ovviamente non pagano prima di aver sistemato il tutto. Poi pagano generalmente con il bancomat ed infine, prima di spostarsi, controllano un po’ il conto e chiedono anche qualche spiegazione. Boom: meteorite!
I non-mi-si-frega: forse ancora più infidi dei no-cart, li vedi alla cassa con pochissimi articoli e quindi ti metti tranquillo in coda dietro di loro. Loro controllano uno ad uno i prezzi sul display e immancabilmente su almeno uno hanno da ridire: “Guardi che sullo scaffale quella salsa di pomodoro era indicata a 2.40 non a 2.50”. Inutile che il cassiere risponda che non dipende da lui. Il non-mi-si-frega pretende un controllo, che ovviamente non può essere negato. Constatato, dopo un bel po’ di tempo e blocco della coda alla cassa, di essere lui ad aver letto male, decide di non comprare la salsa perché in un altro supermercato è sicuro di averla vista a 2.40. Boom: meteorite!
Per ora mi fermo qui, ma le tipologie non sono ancora finite. Ho dichiarato di essere un vecchio brontolone, no?

 

Blog Rewind: Il dolore negli occhi (31/10/2019)

L’altro giorno, sotto i portici di Tortona, di fianco ad una nota pasticceria dove stavo entrando per ordinare un caffè, c’era una ragazza di colore, giovane. Non diceva nulla, non chiedeva.  Guadandola negli occhi si poteva percepire tutto il dolore che doveva aver provato prima di arrivare in Italia e lo smarrimento che ancora adesso deve provare. I suoi occhi dicevano tutto.  Ho provato una grande tristezza per lei ed io pure un senso di smarrimento al pensiero di come la maggior parte degli italiani (forse) la pensino, non solo su questo argomento, e sull’infatuazione che hanno per una persona che dice solo banalità o falsità.

Perché non la prendi a casa tua?

Giova ricordarlo ancora una volta

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

La domanda è diventata un riflesso condizionato di alcuni, quando si parla di lavorare per accogliere civilmente gli immigrati: è una domanda retorica, serve a chi la fa per deviare da sé la consapevolezza di essere quelli che se ne fregano, serve come equivalente dell’uso del termine “buonismo”, serve per darsi di gomito e pensare di avere detto una cosa furbissima, serve a cambiare discorso quando qualcuno fa delle proposte o delle analisi sulla questione dell’immigrazione, serve come quando litigando da bambini si dice “specchio riflesso” o “chi lo dice lo dice per sé”: è la battuta della disperazione.

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

Di solito non si risponde. Per fastidio nei confronti della sciocchezza aggressiva di chi fa la domanda, per rispetto di se stessi, per imbarazzo verso qualcuno che presume con ignoranza e spocchia che tu non abbia mai accolto a casa tua immigrati o profughi, per senso di avere cose più serie di cui occuparsi, perché chi ha fatto la domanda di solito neanche la vuole, una risposta: vuole solo sentirsi molto furbo e guardarsi intorno fiero con l’aria di “hai visto che j’ho detto?”. È in malafede, vuole solo mentire a se stesso trovando un modo di assolversi dalla propria indifferenza o egoismo: è inutile rispondere a chi è in malafede.
Di solito non si risponde, saggiamente.

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

Ma ieri un ragazzo molto giovane che aveva sentito fare questa domanda mi ha chiesto, sinceramente, “come si risponde, a questa domanda? Io lo vedo che è una domanda cretina: ma come si risponde?”

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

Non li prendo a casa mia perché sarei un incosciente presuntuoso a pensare che il problema di ciascuna di queste persone lo possa risolvere io in casa mia. Non li prendo a casa mia perché per queste persone serve altro e meglio di quello che so fare io, servono pratiche e organizzazioni che sappiano affrontare le necessità di salute, prosecuzione del viaggio, integrazione, lavoro, ricerca di soluzioni. Non li prendo a casa mia perché voglio fare cose più efficaci, voglio pagare le tasse e che le mie tasse siano usate per permettere che queste cose siano fatte bene e professionalmente dal mio Stato, e voglio anche aiutare e finanziare personalmente le strutture e associazioni che lo fanno e lo sanno fare. Non li prendo a casa mia perché quando c’è stato un terremoto e le persone sono rimaste senza casa non ho pensato che la soluzione fosse prenderle a casa mia, ma ho preteso che lo Stato con i miei soldi creasse centri di accoglienza e strutture adeguate, le proteggesse e curasse e aiutasse a ricostruire loro una casa. Non li prendo a casa mia perché se incontro una persona ferita o malata, chiamo un’ambulanza, non la porto a casa mia.
Non li prendo a casa mia perché i problemi richiedono soluzioni adeguate ai problemi, non battute polemiche, code di paglia e sorrisetti autocompiaciuti: non stiamo litigando tra bambini a scuola, stiamo parlando di problemi grossi e seri, da persone adulte.
E tra l’altro, possono rispondere in molti, qualche volta li prendo a casa mia.
Risposto. Passiamo a domande migliori, va’.

(wittgenstein.it – 15/06/2015)

Blog Rewind: In regalo per voi (29/07/2021)

Oggi vogliamo offrire a tutti i lettori (ma a qualcuno in particolare) un regalo utile ed istruttivo. Si parla tanto di “libertà costituzionali“, ma quanti di noi hanno davvero letto la Costituzione della Repubblica Italiana? Siamo quindi lieti di offrire a tutti questa possibilità, in modo da evitare anche di pensare e scrivere castronerie.
Buona lettura quindi!
La Costituzione della Repubblica italiana
Segnalo, in particolare, l’art. 16 che dice “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.

Blog Rewind: Non c’è limite … (07/12/2021)

Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile. E poi: il 5,8% è convinto che la Terra è piatta, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone.
Questi sono dati reali, certificati dal Censis. Chissà se ancora qualcuno pensa che Elvis Presley sia vivo, e Paul McCartney e Pippo franco siano morti… Quindi non c’è da meravigliarsi più di tanto per le uscite di Enrico Montesano o Heather Parisi. E tanto meno se una notizia ci dica che una donna ha sposato una mucca convinta che sia il marito…

Blog Rewind – Perché Sanremo è Sanremo – 4 (09/02/2018)

2003. Torno a Sanremo dopo 17 anni! E non più per una radio, ma per un musical, “Pinocchio”, con le canzoni dei Pooh, la regia di Saverio Marconi e un cast strepitoso. Il nostro quartier generale era il cinema Ritz, nei sotterranei dell’Ariston, una volta sala stampa del Festival ma ora troppo piccolo per questo uso.  Insomma: erano cambiate tante cose, ma al timone del festival c’era sempre Pippo Baudo, affiancato da Serena Autieri e Claudia Gerini. (continua dopo foto e video)



2007. Si torna al festival presentato sempre da Baudo con Michelle Hunziker, che proprio in quel periodo lavora per Compagnia della Rancia, al Teatro della Luna di Milano/Assago, in “Cabaret” per la regia di Saverio Marconi. Si arriva quindi all’Ariston con quasi tutto il cast, capitanato da Christian Ginepro/Maestro di cerimonie. (continua dopo il video)

2008. Ancora Baudo che ci ospita con il nostro “High School Musical”, prima produzione teatrale Disney originale in Italia, per la regia di Saverio Marconi e Federico Bellone. Un cast giovanissimo ed entusiasta che porta grande energia sul palcoscenico dell’Ariston, dove affiancano il Pippo Nazionale Piero Chiambretti, Bianca Guaccero ed Andrea Osvárt.  (continua dopo il video)

E per ora le avventure sanremesi finiscono qui.

Blog Rewind – Perché Sanremo è Sanremo – 3 (08/02/2018)

1984. Il Festival aumenta d’importanza ogni anno di più. E aumenta anche la confusione nel centro di Sanremo. Inizia l’era Pippo Baudo, che presenta affiancato da Edy Angelillo, Elisabetta Gardini, Iris Peynado e Tiziana Pini più due bambine. Tra i cantanti in gara ricordo ovviamente Patty Pravo, che riuscii anche ad intervistare, e la sua Per una bambola. Vinsero Al Bano e Romina con Ci sarà e le canzoni che ebbero maggior successo furono Non voglio mica la luna di Fiordaliso, Nuovo swing di Enrico Ruggeri e Come si cambia di Fiorella Mannoia. Nelle nuove proposte debuttò con Terra promessa Eros Ramazzotti che vinse appunto fra i giovani. Tra gli ospiti rimasi ovviamente molto colpito dai Queen con Freddie Mercury, da Bonnie Tayler, dai Culture Club di Boy George e da Mark Knopfler. Alcuni di loro purtroppo cantarono però in playback… Anche in quell’anno si dormiva davvero pochissimo. continua dopo il video

1985. Ancora Baudo al timone affiancato da una certa Patty Brard, di cui credo che dopo si siano perse completamente le tracce. Il Festival diventava sempre di più una macchina elefantiaca e Sanremo sempre più invivibile in quei giorni. Musicalmente non fu un festival da ricordare, anche perché non solo non c’era l’orchestra dal vivo, ma quell’anno addirittura cantarono tutti in playback. Vinsero i Ricchi e Poveri con Se m’innamoro; tra le altre presenze degne di nota Luis Miguel con Ragazzi di oggi, Eros Ramazzotti, sesto classificato con Una storia importante, e Zucchero con Donne. Nelle nuove proposte, vinte da una tal Cinzia Corrado, ricordo i debutti di Mango e Lena Biolcati. Gli ospiti che ricordo sono i Village People, I Duran Duran, gli Spandau Ballet e soprattutto i Frankie Goes to Holliwood con The Power of Love. Grande emozione anche per Claudio Baglioni che cantò dal vivo accompagnandosi al pianoforte Questo piccolo grande amore. Si continuava a dormire davvero poco. continua dopo il video

1986. L’ultimo “mio” Sanremo degli anni ’80. Presentava Loretta Goggi, prima donna a condurre da sola la manifestazione. Fu l’anno della consacrazione di Eros Ramazzotti che vinse con il brano Adesso tu. Tra le altre presenze degne di nota Renzo Arbore con Il Clarinetto, Mango con Lei verrà, Rossana Casale (che in anni successivi ho conosciuto avendo interpretato alcuni musical) con Brividi. Nelle nuove proposte vittoria di Lena Biolcati con Grande Grande Amore scritta da Stefano D’Orazio (e mi è capitato in seguito di lavorare con entrambi… i casi della vita). Tra gli ospiti ricordo con emozione Sting e la sua Russians, i Drum Theatre con Eldorado e soprattutto i Depeche Mode con Stripped. Ma ormai davvero Sanremo era invivibile e soprattutto la RAI tendeva ad escludere completamente le radio private, quindi per poter realizzare qualche intervista bisognava faticare davvero tanto. Dall’anno successivo iniziavano anche ad aumentare le serate, nel 1987 e 1988 quattro e dal 1989 addirittura cinque. E io sono tornato a vederlo in televisione, a parte qualche incursione negli anni 2000.

Blog Rewind – Perché Sanremo è Sanremo – 2 (07/02/2018)

1981: il mio secondo Sanremo, non solo l’ultima serata, ma una settimana intera. Le prove del lunedì, martedì e mercoledì e le dirette del giovedì, venerdì e sabato (sì all’epoca il festival durava solo tre sere, non cinque). Una full immersion che a 25 anni sopportavo benissimo, con gran entusiasmo. Fu un festival, condotto da Claudio Cecchetto con Eleonora Vallone, che regalò al pubblico alcune papere divertenti, con tante canzoni entrate nel patrimonio collettivo: Per Elisa di Alice, Maledetta Primavera di Loretta Goggi, Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri, Ancora di Eduardo De Crescenzo, Caffè nero bollente di Fiorella Mannoia solo per citarne alcune oltre al tormentone, fuori gara, Gioca Jouer di Cecchetto. Tra gli ospiti più prestigiosi ricordo i Dire Straits (che però si esibirono in playback) e il mito dell’epoca Barry White che interpretò. Come stampa accreditata avevamo anche libero accesso al Casinò, alle feste organizzate dalle case discografiche, a cene di rappresentanza, alle discoteche di Sanremo… Insomma: una settimana dove non si dormiva mai.  Sempre vivo poi anche in quell’anno il ricordo delle hostess Muratti. Si poteva mancare l’anno dopo? Proprio no. Continua dopo il video


1982: ancora Cecchetto alla conduzione con la debuttante, all’epoca, Patrizia Rossetti, uscita da una specie di “talent” a Domenica In. Una scenografia spaziale, pare costosissima, per un festival con un vincitore annunciato molto prima dell’inizio: Riccardo Fogli. Fu l’anno di Felicità di Al Bano e Romina (che ricordo come una delle meno simpatiche a rispondere alle interviste), di Mia Martini con E non finisce mica il cielo, di Zucchero con Una notte che vola via, ma soprattutto di Vasco Rossi con Vado al massimo. Tra gli ospiti ricordo solo gli America, perché altri si esibirono non all’Ariston o addirittura in collegamento via satellite dagli States e non era stata una grande idea. Sempre notevoli le ragazze Muratti. Solita settimana senza dormire comunque. Continua dopo il video

1983: il presentatore era “Il conte di Montecristo”, cioè Andrea Giordana, affiancato dalle conduttrici di Discoring, programma musicale della prima rete RAI. Non fu una grande idea, comunque. Vinse a sorpresa una debuttante, Tiziana Rivale, bella voce ma forse di stile un po’ datata. La sua canzone, Sarà quel che sarà, sembra un po’ copiata da quella del film “Ufficiale e Gentiluomo”. Sono quelle cose inspiegabili che accadono solo a Sanremo. Tra le altre canzoni dell’anno si ricordano Vacanze Romane dei Matia Bazar, 1950 di Amedeo Minghi (che poi diventò un successo nella versione di Gianni Morandi), L’Italiano di Toto Cutugno, grande hit internazionale, e soprattutto Vita spericolata di Vasco Rossi, arrivata penultima ma poi  successo nelle vendite. Tra gli ospiti ricordo Roberto Benigni che cantò Via con me di Paolo Conte e Peter Gabriel che, cantando Shock the Monkey, si lanciò sulla platea. Per tutta la settimana in teatro si aggirava anche Renzo Arbore con una troupe cinematografica per le riprese di una parte del film “F.F.S.S. Cioè che mi hai portato a fare sopra Posillipo se non mi vuoi più bene?”, aggiungendo caos a caos.  Di dormire neppure a parlarne.

Blog Rewind – Perché Sanremo è Sanremo – 1 (06/02/2018)

Stasera si comincia. Inizia la settimana faticosa. 1980: il mio primo Sanremo. Nel senso che per la prima volta l’ho visto dal vivo, al Teatro Ariston. Ci andai per la radio RTL di Tortona, ma soprattutto per passione e curiosità, e solo nella serata finale. Anche perché in gara quell’anno c’era un cantante tortonese, Bruno Noli in arte Bruno D’Andrea, che, dopo il successo di “Nano Nano”, sigla del telefilm “Mork & Mindy”, si presentava in gara con “Mara”. Ma poi era l’anno di Claudio Cecchetto con Roberto Benigni, del bacio ad Olimpia Carlisi, dello scandalo per aver detto “Wojtilaccio”. E fu comunque l’anno del rilancio della manifestazione dopo un po’ di anni bui. Vinse Toto Cutugno con “Solo Noi”, ma quello che ricordo maggiormente di quella serata sono le splendide hostess della sigarette Muratti Ambassador, l’improbabile tinta dei capelli del debuttante Enrico Ruggeri con i Decibel, la, diciamo, “esuberanza” e “goliardia” di Silvia Annichiarico che si aggirava per la platea e la sala stampa dicendo in tutte le interviste solo  “Festivalazzo… festival del…”, la signorilità di Peppino Di Capri e la sua cortesia nel rispondere alla mia intervista. Ma la cosa che mi colpì di più in assoluto fu la classe, lo stile e la voce di Dionne Warwick, ospite della serata.

Blog Rewind – Le serie che ho visto : Quando gli eroi volano (08/05/2021)

Oggi vi segnalo una miniserie israeliana del 2018, dal 2019 disponibile su Netflix. S’intitola “Quando gli eroi volano“, ha tra i protagonisti anche l’interprete di “Shtisel” ma in questo caso i 10 episodi sono completamente doppiati in italiano.

Aviv, Benda, Himmler e Dubi sono un gruppo di quattro ex amici che facevano parte dell’esercito israeliano durante la guerra del Libano 2006. Undici anni dopo si riuniscono per andare a cercare Yaeli, ex fidanzata di Aviv e sorella di Dubi, che credevano deceduta in un incidente stradale in Colombia ben nove anni prima. Il sospetto che Yaeli potesse essere ancora viva venne a Benda, trasferitosi in Colombia anche lui, che un giorno vede su un quotidiano la foto di una ragazza molto simile a Yaeli. Messi da parte i rancori reciproci, Aviv, Himmler e Dubi partono per Bogotà per raggiungere Benda e iniziare la ricerca di Yaeli. (Wikipedia). Questa, in breve, la storia raccontata da Quando gli eroi volano e basata sul libro di Amir Gutfreund “When heroes fly”. Il lato interessante della narrazione sono le particolari psicologie dei protagonisti e le realtà così diverse di Tel Aviv e Bogotà.  La serie ha vinto il premio come miglior serie Tv alla prima edizione di “Canneseries”, festival francese dedicato al mondo delle serie e miniserie televisive. Ve la consiglio. Il trailer ancora un volta è in inglese, ma come ho detto si può vedere completamente doppiata in italiano.