È qui la festa?

Da “La Stampa” di Torino (scritto da Maurizio Ternavasio):

TORINO. Hanno affittato un appartamento in via Sacchi, a poca distanza dalla stazione di Porta Nuova, per organizzare nella serata di domenica 1° novembre una festa privata, senza indossare le mascherine e violando le regole sul distanziamento sociale. La polizia di Torino ha sanzionato 27 ragazzi, tra i 14 e i 21 anni (alcuni provenienti dall’estero), per il mancato rispetto delle norme anti-Covid. Uno di loro, in particolare, ha affittato giorni prima l’appartamento, tramite una piattaforma online, per ospitare alcuni amici: tra loro anche 5 minorenni. In seguito i giovani, attraverso una catena di messaggi sui social, avevano organizzato il party. Quando gli agenti hanno raggiunto l’appartamento, alcuni dei presenti hanno tentato di nascondersi all’interno degli armadi, sul balcone, nel bagno, sotto i letti e alcuni persino nello sgabuzzino.
La segnalazione di un vicino
L’intervento degli agenti è partito dopo la telefonata di un vicino di casa che si era lamentato degli eccessivi schiamazzi. Giunti sul posto gli uomini della polizia hanno avvertito musica ad alto volume provenire dal piano rialzato. A quel punto hanno bussato alla porta, che non è stata aperta. Improvvisamente si sono abbassati i toni della voce. Gli agenti hanno continuato a bussare e, una volta entrati nell’appartamento, si sono trovati nel bel mezzo di una festa con circa una trentina di partecipanti, alcuni dei quali in condizioni psicofisiche alterate. Nell’alloggio c’erano numerose bottiglie di alcolici sparse un po’ ovunque.
Le sanzioni
I giovani presenti alla festa privata clandestina verranno sanzionati, ciascuno per le rispettive violazioni, per la mancanza dei dispositivi di protezione e per l’assembramento prodottosi.

Forse sì: meritiamo l’estinzione.

Ed ora leggete questo articolo di Milano Today (di C.R.G.)

Covid, il racconto di chi ha vinto: “Mi sembrava di annegare, grazie agli angeli del Poli”
La forza di raccontare tutto probabilmente anche per far capire che con la malattia non si scherza. Il coraggio di farsi vedere sotto un casco, uno di quei “Cpap” che regalano ossigeno, per rendere chiaro che non è un gioco. E la voglia di dire grazie, di urlare la sua riconoscenza a chi – dice – gli ha salvato la vita. A parlare, anzi a scrivere dal proprio profilo Facebook, è Claudio, un uomo che nei giorni scorsi ha vinto la sua battaglia con il coronavirus e che una volta uscito dal Policlinico ha voluto far conoscere a tutti la sua storia. 

“Venerdì 9 sera inizio ad avere qualche linea di febbre che sparisce lunedì. Mercoledì torna e chiamo il medico di base che mi prenota un tampone venerdì. Giovedì faccio venire un infermiere a casa per farmi fare un test rapido pungidito e risulto negativo. Sintomi: solo una leggera febbre che va e viene e inappetenza. Venerdì faccio il tampone e sabato scopro di essere positivo. Maria Serena mi fa parlare con due medici che mi fanno fare delle prove col saturimetro e mi dicono di andare in ospedale. Sabato sera vado in ospedale con la borsa sapendo che forse mi fermo, ma non sto ancora male. Durante la notte in pronto soccorso mentre sono in bagno ho la mia prima crisi respiratoria. Bagno di sudore e sensazione di annegare. Non lo auguro a nessuno”, racconta Claudio. 

“Ringrazio il cielo che sono già in ospedale, ringrazierò sempre gli angeli che mi ci hanno mandato. Mi ricoverano in un reparto nuovo appena dedicato al covid. Siamo i primi pazienti e il reparto si riempie in poche ore. Mi mettono il casco e iniziano a cercare la cura specifica per me. Ognuno di noi ha avuto la sua cura. Ogni ora venivano in gruppo vestiti da Puffi e facevano delle prove fino a che non mi hanno fatto una puntura intramuscolare sulla gamba sinistra da cui dopo ho iniziato a guarire”, prosegue il racconto dell’uomo.

“Ma il periodo di tempo in cui mi hanno messo il casco e quella benedetta iniezione mi hanno marchiato per sempre. Non lo dimenticherò mai e non lo auguro a nessuno – ammette -. 11 giorni per salvarmi e ci sono riusciti con una cura, una determinazione ed una preparazione incredibili. Non hanno lasciato stare nessun particolare. Non so i nomi di tutte le persone, ma spero che arrivi loro notizia di questo mio post. Voglio far sapere a tutti quanto sono grato loro”, dice Claudio.

Che conclude: 

“Senza ospedale sarei morto, non sono stato intubato ma ho rischiato di esserlo”.

La sua lettera di ringraziamento, proprio grazie al tam tam dei social, è arrivata al Policlinico, che lunedì ha risposto. “Ecco il racconto di Claudio, paziente Covid guarito dopo una degenza qui al Policlinico, che non dimenticherà mai e non augura a nessuno. Ha fatto un post per ringraziare il nostro Ospedale. Grazie Claudio, ora più che mai, le parole dei pazienti sono una carica per chi lavora ogni giorno qui in Ospedale: medici ed infermieri in affanno, in uno scenario che cambia continuamente, senza sosta”, ammettono dalla struttura meneghina. 

“In questo tempo sospeso il Policlinico di Milano anche con le sue fatiche c’è sempre: senza lasciare indietro nessuno. E tutti noi – concludono – con i nostri comportamenti responsabili possiamo fare la differenza”.

 

 

 
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