La lettura di oggi – La fine di Immuni

L’altra sera il premier Conte non ha mai citato l’App Immuni. Uno strumento che avrebbe potuto contenere i contagi, se fatto funzionare. Ma si è deciso di non farlo. Roba da terzo mondo.
Un articolo di Repubblica scritto da Riccardo Luna, giornalista esperto di informatica.

Ieri sera, nel cortile di Palazzo Chigi, mentre l’Italia sfiorava i 12 mila contagi al giorno e il presidente del Consiglio elencava in diretta tv le (blande) misure per contenere la seconda ondata del virus, è morta la app Immuni. Mai citata. Mai. Come se non esistesse. Come nella prima ondata. Quando però non esisteva davvero.

Se ne iniziò a parlare a fine marzo quando raggiungemmo il record di morti giornalieri da Covid-19: quasi mille. Allora un comitato di esperti insediato dal ministro dell’Innovazione stabilì le regole per varare una app per tracciare i contatti dei contagiati e rallentare la diffusione del virus usando una tecnologia che abbiamo tutti sempre addosso, i nostri smartphone; citando alcune esperienze di apparente successo, il contact tracing sembrava in tutto il mondo la terra promessa da raggiungere per uscire dal lockdown. Ad aprile Google ed Apple annunciarono che avrebbero modificato i rispettivi sistemi operativi per consentire a tutti i paesi di sviluppare una app rapidamente. A inizio giugno quella italiana era pronta, una delle prime del mondo: era persino ben fatta. Era una strada, la strada migliore, per evitare la seconda ondata, ma oggi, lo dicono i dati, lo dicono tutti, è onesto riconoscere che Immuni non ha funzionato. O meglio: la app funziona, ma non funziona il sistema che avrebbe dovuto attivare: il ministero della Salute non ha mai voluto collegare la notifica di contatto con un positivo al diritto a fare un tampone immediatamente, ma così rendendo quella notifica l’inizio di una inaccettabile quarantena burocratica; molte regioni hanno deliberamente deciso di ignorarne l’esistenza, boicottando il collegamento necessario con le aziende sanitarie; troppi medici di base hanno deciso di non inserire i dati della positività del rispettivo paziente sulla app adducendo inesistenti ragioni di tempo e quindi bloccando la possibilità di risalire ai contagi automaticamente. Il tutto si traduce in una espressione inequivocabile: manifesta inutilità.

Queste cose sono venute fuori solo negli ultimi giorni, ma chi poteva impedirle lo sapeva da tempo: erano i dati a dire che non c’era alcun rapporto fra i quasi nove milioni di italiani che hanno scaricato Immuni e il numero ridicolo di notifiche di contagio (circa cinquecento). Lo sapevano al governo e non hanno fatto nulla per non andare in conflitto con le Regioni che in materia sanitaria hanno l’ultima parola, ma intanto veniva chiesto agli italiani di fare un gesto di civismo e scaricare la app. Una beffa di cui oggi paghiamo tutti il conto. Il contact tracing è chiaramente saltato: con il terzo giorno consecutivo sopra i 10 mila contagi giornalieri, risalire ai contatti di tutti è impossibile. O meglio, sarebbe possibile solamente usando la tecnologia che rende quel tracciamento automatico, istantaneo, sicuro e riservato. Sarebbe possibile usando una app. Sarebbe possibile con Immuni. Ma è stato scelto di abbandonarla. Fino alla conferenza stampa di ieri sera in cui è stata ignorata del tutto. Al punto che la sostanza delle misure richieste ai cittadini per contenere il virus – mascherina e distanziamento sociale – è identica a quelle usate per la pandemia del 1918.

Non consola, ma non si può non notare, che negli altri Paesi non è andata molto meglio che da noi. Incredibile non essere in grado di tracciare come si deve il virus in un’epoca in cui tramite gli smartphone ogni nostro spostamento, ogni nostro contatto, ogni nostro intendimento addirittura, viene tracciato.

Ma non è finita. La partita con il virus è ancora lunga, più di quanto siamo disposti ad ammettere. Forse siamo ancora in tempo per rimettere le cose a posto: ma qualcuno al governo ha il coraggio di provare a far funzionare davvero Immuni? Se c’è il momento per dirlo è adesso.

In realtà, per fortuna nel testo del provvedimento si legge che “è fatto l’obbligo all’operatore sanitario di caricare il codice chiave – sull’App Immuni – in presenza di un caso di positività“. Addirittura secondo qualcuno Conte vorrebbe rendere l’App obbligatoria, provvedimento un po’ difficile dal momento che non è possibile installarla su modelli non di ultima generazione. Staremo a vedere.

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