Calderoli: ma c’è da vantarsene?

Il Corriere ha pubblicato un’intervista a Calderoli, nel quale l’illustre leghista si vanta di “giochetti” che ama fare in Senato. Perché in Senato si va per fare giochetti, per divertirsi, non per fare politica, no? Ma un po’ di vergogna, mai?

«Ho costretto molti a tornare a Roma per votare. Ma stamattina in Senato più d’uno degli esponenti della maggioranza mi ha detto: chapeau». Roberto Calderoli se la ride soddisfatto. In poche ore ha piazzato due sgambetti alla maggioranza giallorossa costringendo la presidenza del Senato prima a ripetere un voto (sul decreto che fissa le elezioni amministrative al 20-21 settembre) e poi ad annullare quello di fiducia successiva perché, come verificato dal senatore leghista, dato in assenza di numero legale.

Calderoli, lei è una sorta di Pierino.
«Faccio il parlamentare di opposizione. Seguo attentamente quel che succede in Aula e siccome conosco il regolamento a memoria quando è il caso lo utilizzo per mettere in difficoltà la maggioranza».

Perché conosce il regolamento del Senato a memoria?
«Perché nella scorsa legislatura ho ricevuto l’incarico bipartisan di riscriverlo. Quindi, ne conosco anche le virgole».

A differenza dei suoi avversari…
«Molti non sanno proprio nulla. Ma non mi faccia infierire».

Ma lei è un medico, che c’azzecca con regolamenti e articoli della Costituzione?
«E’ tutta “colpa” di Bossi. Fu lui che mi indicò come saggio in Cadore quando si trattò di discutere un progetto di revisione della Costituzione. Lì ho scoperto un lato di me stesso che non conoscevo. Mi sono appassionato alla materia e siccome sono bergamasco, ho studiato tanto per essere il più preparato possibile. Fin da quando andavo a scuola, sono sempre stato un secchione».

Giovedì cosa è successo in Senato?
«Si stava discutendo il decreto elezioni in vista della sua approvazione. Mi sono guardato attorno in Aula e ho notato larghe assenze nelle file della maggioranza. Li ho contati uno a uno: c’erano 27 senatori. Noi eravamo in una cinquantina».

E lì ha calato la sua carta.
«Ho fatto un blitz. Visto che nessuno aveva chiesto, come possibile, il voto elettronico, io ho avanzato la richiesta di procedere per alzata di mano. Il risultato è stato a nostro favore. E lì è scoppiato il finimondo».

Sono state chiuse le porte e si è rivotato.
«Esatto, ma nel frattempo sono riusciti a rientrare non meno di 30-40 senatori della maggioranza. Questo perché i parlamentari non sono solo nei loro banchi ma anche sulle tribune dove non ci sono i questori a controllare. E quindi molti hanno potuto farla franca».

Poi si è votata la fiducia, ma lei è riuscito ancora una volta a far saltare tutto.
«Sì, perché non mi tornavano i conti con quello che avevo visto in Aula. E allora ho chiesto la verifica del numero legale. Ed è emerso che il via libera è arrivato senza i numeri necessari. Ergo, si è dovuta annullare la votazione e riconvocare l’Aula».

Ma lei si diverte così?
«Ripeto, sono un senatore dell’opposizione. Io ci provo sempre, tutto quello che posso fare per mettere in difficoltà la maggioranza lo tento. Purtroppo, per un anno (tra il 2018 e il 2019) sono stato in maggioranza e sono dovuto rimanere tranquillo…».

Adesso va all’attacco.
«Sì, perché molti della maggioranza il regolamento non lo conoscono o non lo capiscono».

Lei non è nuovo ad iniziative del genere. Quale ricorda con più piacere?
«Quella volta che era atteso il premier Massimo D’Alema per comunicazioni sulla politica estera. Io presentai una risoluzione che recitava: sentite le comunicazioni, le si approva. Figuratevi: le forze di sinistra non potevano votare un documento a mia firma e fecero mancare il voto al loro presidente del Consiglio. Una scena surreale».

Direi che il giornalista, Cesare Zapperi, non poteva chiedere che “Ma lei si diverte così?“. Ed infatti l’ha chiesto…

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