La lettura di oggi : Che pianeta sarà quello post Covid-19?

Da Wired una riflessione del giornalista Luigi Mastrodonato

L’unica certezza di questi tempi senza certezze, è che il 2020 cambierà per sempre le nostre vite, le nostre abitudini, la nostra quotidianità. Se in molti hanno potuto toccare con mano le tragedie di diversa natura nei decenni scorsi, tra guerrecalamità naturali e quant’altro, per un’ampia fetta della popolazione globale la situazione attuale costituisce invece una novità.
La presa di consapevolezza della malattia, la paura del contagio, le limitazioni estreme delle libertà personali, la solitudine hanno sostituito una vita agiata e spensierata nel migliore dei casi, una vita con preoccupazioni nemmeno paragonabili a quelle attuali nel peggiore. E se questo è quello che stiamo vivendo ora, quando tutto sarà finito il boccone non potrà comunque considerarsi digerito. Le conseguenze della pandemia le sentiremo a lungo e il mondo in cui ci ritroveremo proiettati avrà poco a che fare con quello a cui eravamo stati abituati. Storicamente portati a definire il tempo in un avanti e dopo Cristo, probabilmente ripartiremo ora da una sorta di anno zero, con il Covid-19 a fare da spartiacque delle nostre esistenze.

L’Onu ha lanciato l’allarme su quella che è la crisi sanitaria peggiore con cui ha avuto a che fare nei suoi 75 anni di vita. La caratteristica del Covid-19 in effetti è che, a differenza di altre tragedie, non conosce confini e sta colpendo ogni continente senza distinzioni di sorta. Non esistono più frontiere nel dramma sanitario, o forse il dramma sanitario ci ha ricordato che i confini non sono mai esistiti, che la popolazione globale è sempre e comunque sulla stessa barca, al di là di quelle linee immaginarie disegnate su una cartina. Ecco perché rischiamo di dover contare milioni di morti nei prossimi mesi, perché la tragedia non è circoscrivibile. Una strage collettiva, il rischio che in molti vedranno almeno un conoscente non farcela, ma anche la presa di consapevolezza su cosa sia una pandemia. Staremo più attenti forse, la sottovalutazione del rischio non sarà più, o non lo sarà quanto ora, una prerogativa umana e ogni campanello d’allarme su questa o quella crisi imminente di sicuro avrà una platea di ascoltatori più attenti. Nel dramma del coronavirus, l’umanità avrà compiuto un processo di maturazione e responsabilizzazione. È un fatto positivo, ma è triste che sarà servito tutto questo per arrivarci.

Ci ritroveremo in un mondo diverso. Un mondo dove l’economia sarà al collasso, che dovrà ricostruirsi sulle sue macerie. L’effetto del virus sull’economia italiana sarà più o meno lo stesso dei primi anni Quaranta dicono, quando il paese era sferzato dalla seconda guerra mondiale. È una notizia tragica, ma non bisogna dimenticare che poi ci si è saputi rialzare, con il boom economico. I primi anni saranno comunque difficili, serve uno spirito di resistenza importante. Secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro la pandemia provocherà 25 milioni di disoccupati nel mondo – che si aggiungeranno al già ingente esercito di senza lavoro. I programmi per la riduzione della povertà andranno riscritti, in molti casi ci sarà da ricominciare il lavoro da capo e tutto questo andrà fatto in un contesto di crisi economica, dove il welfare farà già di per sè fatica a reggersi in piedi. 

Ma è proprio qui che si dovrà puntare, è questa la lezione che il Covid-19 ci lascerà. Gli investimenti pubblici nel sistema sociale andranno rafforzati, nella crisi si è compreso per esempio l’importanza della sanità pubblica ma anche i danni tremendi che stanno causando i tagli che essa ha subito. Manca personale, mancano gli strumenti, mancano le strutture: non si potranno ripetere errori simili e il sistema andrà rinnovato, senza però stravolgerne la natura. 

Ma nell’anno uno post Covid-19, non bisognerà abbassare la guardia sulla cosa più importante che abbiamo, la democrazia. In questi tempi di pandemia molti diritti sono stati sospesi, la privacy è messa in discussione. La democrazia è, di fatto, in stand-by. Siamo in guerra, ci dicono, e accettiamo che le cose vadano così se questo servirà a salvare vite e ridarci una vita normale. Ma quando tutto sarà finito, sarà fondamentale che le conquiste civili di secoli vengano ripristinate in toto. Il Covid-19 non deve essere per esempio il pretesto per una sorveglianza di massa definitiva, quando l’emergenza che oggi la giustifica non ci sarà.

Sarà un nuovo mondo, quello in cui ci troveremo catapultati. Un modo che dovrà essere abile a ripristinare le certezze del passato, ma anche a non commettere gli errori fatti. Un mondo di persone diventati grandi, più consapevoli, che proprio grazie a questo sapranno meglio affrontare i primi anni difficili che lo caratterizzeranno. La certezza è che non si può più tornare indietro, nulla sarà più come prima. La speranza è che potremmo rendercene conto presto, perchè vorrà dire che sarà ripartita la ricostruzione.

 

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