Ho ritrovato questo articolo di qualche anno fa che mi era piaciuto molto e ho deciso di proporvelo.
di Fabio Genovesi, dal Corriere della Sera Speciale Digital Edition dell’1/1/2014
La crisi ci obbliga a seguire i desideri
Passione. Una parola abusata, appiccicata ovunque, quasi insopportabile dopo anni di pubblicità che ce l’hanno buttata addosso nel tentativo di farci comprare macchine, orologi, liquori.
Eppure è proprio la Passione, quella vera, che oggi resta in piedi e scintilla tra le macerie di un mondo dove macchine e orologi non si vendono più, e a guardarsi intorno la sensazione è quella di non avere più una destinazione o una strada da prendere. Ma è una sensazione che può durare un attimo solo, poi dobbiamo respirare a fondo e ricominciare a camminare. Perché non è vero che il mondo finisce, finisce solo un nostro modo di vederlo, e un altro orizzonte ci aspetta smisurato e intatto, tutto da scoprire passo dopo passo.
E per muoverci in questa nuova realtà, senza più strade battute, senza cartelli o mappe satellitari a guidarci, la nostra stella polare è appunto lei, la Passione. O meglio, le Passioni, perché ognuno è mosso dalle sue, diversissime tra loro ma in comune hanno il fuoco che ci fanno sentire dentro. E se nella nostra vita di un tempo le passioni ce le tenevamo per il giorno libero, per la domenica mattina o le vacanze estive,costringendole nei ritagli di un’esistenza standard e incasellata, adesso che lo standard non esiste più saranno loro, le passioni, a scandire i nostri giorni.
E allora ecco che quel sogno eterno di «fare quello che mi pare», sogno che l’epoca del benessere e delle grandi possibilità ci ha proibito severamente, ci balena davanti proprio adesso che in teoria tutto è diventato impossibile. Basti pensare ai ragazzi di qualche anno fa (non molti, ma sembra un secolo), che si mettevano a imparare un mestiere solo perché era quello dei genitori, oppure si iscrivevano alle solite università del buon senso : giurisprudenza, ingegneria, economia e commercio… le famose facoltà che «poi dopo trovi lavoro». Molti arrivavano all’età delle grandi scelte, sopprimevano le inclinazioni più intime e si tappavano il naso per immergersi in anni di studi che detestavano, mettendosi in fila per il percorso di una carriera che prometteva rispetto e sicurezza, in attesa dell’età pensionabile in cui avrebbero finalmente potuto stare dietro a quel che gli piaceva, se ancora ricordavano cos’era.
Solo alcuni sventurati visionari, orribili pecore nere nate per portare sconcerto in famiglia, osavano allontanarsi da questo cammino sicuro per assecondare uno schizzo dell’anima che li chiamava altrove,dedicandosi scelleratamente ad attività eccentriche e rischiose o iscrivendosi alle facoltà della disgrazia : lettere, filosofia, scienze politiche… nomi che erano feroci coltellate al cuore di ogni genitore.
Adesso invece, che tutto sembra diventato così difficile, almeno queste scelte sono cento volte più semplici: oggi che le vie sicure non ci sono più, il rischio e l’impresa diventano ingredienti obbligati,e la famosa obiezione «ma se studi filosofia poi dopo cosa fai?» non regge più,perché vale per qualsiasi studio, qualsiasi scelta di vita. Oggi che tutto traballa nell’incertezza, forse proprio la prudenza è la più cieca follia. Siamo nati in un mondo che aveva obiettivi chiari, in fondo a strade ben asfaltate e più o meno dritte, che ti chiedevano solo di percorrerle per arrivare fino là. Tu dovevi metterti un paio di scarpe comode, infilare nello zaino la ragione, il buon senso, le regole e l’esperienza di chi già c’era passato, e partire.
Adesso invece quelle strade non portano più da nessuna parte, e se le prendi impazzisci brancolando tra sabbie mobili, ponti pericolanti e vicoli ciechi. Le scelte assennate e tiepide non funzionano più,perché erano calibrate su un mondo che ha smesso di stare in piedi, e crollandosi è portato dietro i suoi luoghi comuni, i suoi ritmi e le convenzioni.
Adesso le strade bisogna costruircele da soli.Non potendo più essere «pendolari della vita», per forza saremo pionieri,saremo avventurieri che col machete si inventano una direzione nel folto misterioso di questa giungla tutta nuova. Oggi infatti non importa più cosa fai, ma come lo fai. Con quale intensità, con quanta convinzione ed entusiasmo.Saper prendere la passione che abbiamo dentro e applicarla al quotidiano,incarnare il suo calore e la sua potenza in qualcosa che possa scaldare anche gli altri. Ne sono testimonianza le storie raccontate qua, di persone che hanno saputo guardarsi intorno e trasformare la propria passione in un’idea, in un progetto, in qualcosa che riesce a muovere la realtà. Storie di sogni,occasioni, sfide, nate dall’immaginazione ma anche dalla necessità.
Credo che leggerle sia il modo migliore per cominciare il nuovo anno col petto gonfio e gli occhi rivolti a questo nuovo infinito orizzonte. E lasciare che le nostre passioni, insieme a quelle dei protagonisti qua raccontati, comincino a disegnare la mappa di questo mondo,una mappa necessariamente vaga e tutta da affinare, ma tracciata con coraggio e con una grande voglia di perdercisi dentro.
Ecco perché, anche se può sembrare assurdo,proprio questo scenario di difficoltà, di crisi e di perdita dei riferimenti,può diventare la clamorosa occasione per prendere sul serio le nostre passioni,ascoltarle fino in fondo e lasciare che ci mostrino dov’è che dobbiamo (anzi,vogliamo) andare. Può diventare insomma la dolce necessità che ci obbliga a vivere come in realtà dovremmo fare sempre: tentando di essere felici.