Un esempio da seguire: «È stupefacente trovarmi ancora qui, alla fine di ogni giornata. Andare a letto di notte e pensare sorridendo che “ho vissuto un altro giorno”. E poi è stupefacente risvegliarsi otto ore dopo e vedere che è la mattina di un nuovo giorno, e sono sempre qui. “Sono sopravvissuto a un’altra notte”, penso, e mi viene da sorridere di nuovo. Vado a dormire sorridendo e sorridendo mi risveglio. Sono molto felice di essere ancora vivo. Da quando va così, di settimana in settimana, di mese in mese da quando sono andato in pensione, mi è nata l’illusione che quest’andazzo non finirà mai, anche se ovviamente lo so che può finire da un momento all’altro. È come un gioco che faccio giorno dopo giorno, un gioco dalla posta molto alta che per ora, contro ogni previsione, continuo a vincere. Vedremo quanto andrà ancora avanti la mia fortuna». Ho trovato questa frase che lo scrittore Philip Roth (nella foto) ha pronunciato in un’intervista a Charles McGrath del New York Times e ripresa da Il Post, e mi ha particolarmente colpito. Io da qualche anno non sono più ottimista. Lo ero, lo ero molto, e solo da un po’ di anni mi sono reso conto, da solo, di non esserlo più. Ma questo pensiero, di un uomo di 84 anni, è decisamente ammirevole e illuminante. Spero di riuscire a farne tesoro, almeno per il futuro.