Video del giorno: In Palestra

Quattro risate con questo video de “I Sansoni”, che dedico a tutti i miei compagni di Palestra 😊

Blog estate – Great: di nome e di fatto (08/05/2019) + Aggiornamento

Guardate questo video: mette allegria per il suo entusiasmo e la sua bellissima espressione di felicità.

Come riportato da Repubblica, questa ragazza,  Great Nnachi,  14 anni, nata in Italia da genitori nigeriani,  è tra le migliori del mondo nella sua categoria. Ma non può chiedere la nazionalità finché non diventerà maggiorenne e quindi il suo record non può essere omologato. Scrive Repubblica :”Io mi sento italiana, io sono italiana”. Scandisce le parole con il sorriso sulle labbra Great Nnachi; eppure le sue sono parole forti, proprio come i concetti che esprime. Great ha nei muscoli un talento purissimo, quello di fare atletica e di volare ad alta quota; ma oltre al salto con l’asta, Great ha nel cuore la voglia fortissima di urlare al mondo la cosa più banale eppure nel suo caso più complicata, quella di essere italiana. Il caso della 14enne Nnachi non è che l’ultimo esempio di giovane atleta che indossa idealmente la maglia azzurra, che vince ma che – formalmente – non può fregiarsi della nazionalità italiana.  Una battaglia fondata sul filo della ragione, portata allo scoperto dai nuovi italiani millennials che si mettono in luce nello sport e che lottano anche per tutti i loro coetanei che non hanno la possibilità di raccontare al mondo la propria storia.

Vi sembra possibile che un paese civile debba permettere una cosa simile?

Aggiornamento di oggi sempre da Repubblica
di Fabrizio Turco
Stavolta il record italiano categoria Under 16 non glielo toglie nessuno. Protagonista dell’impresa di valicare quota 3,80 è Great Nnachi che è stata la star dello show di salto con l’asta che si è svolto ad Aosta. La ragazzina nata a Torino da genitori nigeriani – italianissima anche se per i documenti ufficiali dovrà aspettare di compiere i diciotto anni – ha eguagliato il suo personale di 3,80 che tre mesi fa aveva ottenuto soltanto da “equiparata”. Stavolta, invece, la misura le viene riconosciuta ai fini del record nazionale, e batte il suo precedente salto a 3,70. Un piccolo grande passo verso il coronamento del suo sogno:
“Come tutti gli atleti io vorrei partecipare alle Olimpiadi. E lo vorrei fare da atleta italiana”. Di certo, Great è stata la campioncina più in vista della settima edizione dello show valdostano di salto con l’asta che si svolge ogni estate in piazza Chanoux. “La gara di oggi testimonia una volta di più quanto dico da tempo: al mondo credo ci siano poche, pochissime ragazze che hanno le sue qualità” certifica un esperto come il suo allenatore Luciano Gemello, che per Great è una sorta di secondo padre. Ad Aosta, la Nnachi ha realizzato il salto da record al secondo tentativo; poi ha anche tentato il colpaccio di superare 3,92, per battere il record mondiale Cadette di 3,91, ma i suoi tre tentativi sono parsi ancora lontani dalla misura. Ci sarà tempo, come dice Gemello: “Tre anni fa, quando l’ho vista saltare per la prima volta, Great era scoordinata però il suo talento era palese. Io in carriera ho allenato gente fortissima, ma Great ha qualcosa in più: ha le potenzialità per diventare un fenomeno del salto con l’asta”.

 

La scrittrice, il ministro e l’odio

Mentre scrivo questo post non so ancora che fine abbia fatto l’accordo di governo. Ma indipendentemente da quello, questo post Facebook di Michela Murgia, scrittrice, blogger e drammaturga italiana, autrice del bestseller Accabadora e vincitrice dei premi Campiello, Dessì e SuperMondello, mi fa pensare ancora una volta che essere rappresentati, in Italia e nel mondo, da una persona come “Il Capitano”, è un rischio, un rischio vero per la democrazia ma soprattutto per l’educazione, la correttezza e il decoro. Qualora on l’aveste letto, ve lo propongo. Non ha bisogno di commenti.

Scrofa. Palla di lardo. Cesso ambulante. Vacca. Peppa Pig. Sbaglio di natura. Spero ti stuprino. Anzi no, per rispetto allo stupratore. E poi saresti contenta, che tanto a te sennò chi ti si scopa. Scaldabagno con le gambe. Tro*a schifosa. Ti vedo e vomito. È chiaro perché tu voglia i ne*ri in Italia. Fai ca*are, maiala. Mettiti a dieta. Vai in giro col burqa. Non ti insulto che ti ha già insultata la natura. Madonna se sei brutta. Sei più bella che intelligente. Povero il tuo compagno, che ogni mattina si sveglia e deve vederti. Ma poi tu mica lo avrai un compagno. Sarai lesbica come minimo. Faccia di mer*a. Dovresti solo stare zitta.
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Sono sui socialmedia da 11 anni, ma quello che mi sono sentita dire negli ultimi 14 mesi non ha precedenti. 14 mesi. Tanto è durato il governo uscente, tanto è durato il processo di promozione dell’insulto da bar a linguaggio istituzionale. Questi commenti sono apparsi a centinaia sulle pagine ufficiali di un partito e di un ministro e non sono mai stati rimossi senza ricorrere a segnalazione o querela. Si chiama “bodyshaming”, denigrazione del corpo, ma in realtà serve ad annichilire lo spirito. Sulle donne ha un impatto violentissimo, perché nella nostra società il corpo femminile è demanio pubblico. Continuamente sottoposto a giudizio, è usato come rappresentazione e incarnazione di valore (o disvalore) collettivo ed è il bersaglio primo di ogni attacco alle donne dissenzienti. Per questo le Morgane che io e @chiaratagliaferri abbiamo scelto hanno corpi dalla differenza prepotente. Ciascuna ha usato la sua carne come spazio espressivo di sè e che in quella cornice di libertà ci fossero le chiappe al vento di Vivienne Westwood, le ferite autolesioniste di Marina Abramovic, le invisibili stigmate di santa Caterina o i pompini di Moana alla fine non fa tutta questa differenza.
Non so e non credo che il bodyshaming sulle donne finirà. So però che è essenziale non farsene spezzare. Per ogni “cesso” o “scrofa” che riceviamo, l’antidoto è ricordare la forza che quelle parole vorrebbero spegnere. La bellezza che sappiamo riconoscere in noi stesse è la fonte della libertà che vorrebbero negarci. #morganasonoio

Già lo scorso aprile la Murgia aveva risposto a Salvini , demolendolo, con la “sinossi del curriculum” (avrà anche dovuto farsi spiegare il significato …), che è sempre bello rileggere…

Ieri il ministro degli interni Matteo Salvini ha pensato bene di fare l’ennesimo tweet contro di me virgolettandomi come intellettuale radical chic e snob. È il suo giochetto preferito quello di far passare chiunque lo critichi per un ricco altolocato che non ha contatto con la gente e con la realtà, che non conosce i problemi veri e che non sa cosa sia la fatica del lavoro, ambiti in cui lui invece si presenta come vero esperto. Le propongo un gioco, signor Ministro: si chiama “sinossi dei curriculum”.

Nel 91, anno in cui mi diplomavo come perito aziendale, mi pagavo l’ultimo anno di studi lavorando come cameriera stagionale in una pizzeria. Purtroppo feci quasi due mesi di assenza perché la domenica finivo di lavorare troppo tardi e il lunedì mattina non sempre riuscivo ad alzarmi in tempo per prendere l’autobus alle 6:30 per andare a scuola. A causa di quelle assenze, alla maturità presi 58/60esimi.

Nel 92, mentre lavoravo in una società di assicurazioni per sostenermi gli studi all’istituto di scienze religiose, lei prendeva 48/60 alla maturità classica in uno dei licei di Milano frequentati dai figli della buona borghesia. Sono contenta che non abbia dovuto lavorare per finire il liceo. Nessuno dovrebbe.

Nel 93 iniziavo a insegnare nelle scuole da precaria, lavoro che ho fatto per sei anni. Nel frattempo lei veniva eletto consigliere comunale a Milano e iniziava la carriera di dirigente nella Lega Nord, diventando segretario cittadino e poi segretario provinciale. Non avendo mai svolto altra attività lavorativa, è lecito supporre che la pagasse il partito. Chissà se prendeva quanto me, che allora guadagnavo 900 mila lire al mese.

Nel 1999 per vivere consegnavo cartelle esattoriali a domicilio con un contratto co.co.pro. Ero pagata 4mila lire a cartella e solo se il contribuente moroso accettava di firmarla. Lei invece prendeva la tessera giornalistica facendo pratica alla Padania e a radio Padania, testate di partito che si reggevano sui finanziamenti pubblici, ai quali io non ho nulla in contrario, ma contro i quali lei ha invece costruito la sua retorica.

Nel 2000 ho iniziato a lavorare in una centrale termoelettrica, dove sono rimasta fino al 2004. Mi sono licenziata perché ho scelto di testimoniare in tribunale contro il mio datore di lavoro per un grave caso di inquinamento ambientale. Mentre lasciavo per coscienza l’unico lavoro stabile che avessi trovato vicino a casa, lei era segretario provinciale della lega Nord, suppongo sempre pagato dal partito, dato che anche allora non faceva mestieri.

Nel 2004 ho lasciato la Sardegna per lavorare come cameriera in un albergo al passo dello Stelvio, in mezzo alla neve, con un contratto stagionale a poco più di mille euro. Mentre io da precaria rifacevo letti lei si faceva eleggere al parlamento europeo a 19.000 euro al mese.

Nel 2005 ho lavorato un mese e mezzo in un call center vendendo aspirapolveri al telefono ed ero pagata 230 euro lordi al mese più 8 euro per ogni appuntamento che riuscivo a fissare. Durante quella esperienza ho scritto un blog che ha attirato l’attenzione di un editore. Nello stesso periodo lei a Bruxelles bruciava un quarto delle sedute del parlamento ed era già lo zimbello dei parlamentari stranieri, che nelle legislature successive le avrebbero poi detto in faccia quanto era fannullone. Io sono a favore della retribuzione dei politici, purché facciano quello per cui li paghiamo.

Nel 2006, mentre usciva il mio primo libro, io facevo la portiera notturna in un hotel, passando le notti in bianco per lavorare e riuscire anche a scrivere. Lei invece decadeva da deputato, ma atterrava in piedi come vicesegretario della lega nord e teneva comizi contro i terroni e roma ladrona. Non facendo ancora altro mestiere che la politica, immagino che la politica le passasse uno stipendio. Chissà se somigliava al mio, che per stare sveglia mentre gli altri dormivano prendevo appena più di mille euro al mese.

Dal 2007 in poi ho vissuto delle mie parole, della fiducia degli editori e di quella dei lettori e delle lettrici. Negli stessi anni lei ha campato esclusivamente di rappresentanza politica e da dirigente in un partito da dove – tra il 2011 e il 2017 – sono spariti 49 milioni di soldi pubblici senza lasciare traccia.

Se adesso le è chiaro con chi è che sta parlando quando virgoletta il mio nome nei suoi tweet, forse le sarà altrettanto chiaro che è lei, signor Ministro, quello distaccato dalla realtà. Tra noi due è lei quello che non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, travestirsi da esponente delle forze dell’ordine e far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti. Lasci stare il telefonino e si metta finalmente a fare il ministro, invece che l’assaggiatore alle sagre. Io lavoro da quando avevo 14 anni e non mi faccio dare lezioni di realtà da un uomo che è salito su una ruspa in vita sua solo quando ha avuto davanti una telecamera.

Blog estate : Consigli di serie: Shtisel (13/04/2019)

Una serie davvero molto molto molto particolare, almeno per noi. Non ho ancora terminato di vederla tutta, ma mi piace davvero molto e ve la consiglio. Non essendo doppiata in italiano ma solo disponibile con i sottotitoli, non si riesce infatti a vedere velocemente, anche perché non è in inglese, ma in yiddish. S’intitola “Shtisel”, che è il cognome della famiglia protagonista. Netflix la presenta così: ”Una famiglia haredi che vive in un quartiere ultra-ortodosso di Gerusalemme fa i conti con amore, perdita e difficoltà della vita quotidiana”. Ma direi che è una presentazione un po’ troppo semplicistica. Io la trovo interessante prima di tutto perché mi offre una finestra su un mondo che non conosco affatto: quello degli ebrei ortodossi. Le donne sono ingabbiate rigidamente in ruoli stabiliti dalla tradizione, ma poi in realtà sono sempre loro a riuscire a gestire le situazioni con le loro collaudate ed antichissime tecniche di manipolazione.  Tutto ciò che è moderno va tenuto a distanza, anche la televisione (quindi figuriamoci il web e gli smartphone). Insomma: un mondo comunque affascinante, narrato con maestria e con interpreti straordinari. Non può non conquistare. E la secondo serie, che sto terminando, non delude, anzi: è forse ancora più intrigante.