204 milioni di spettatori!

Sì avete letto bene. Un numero da capogiro. È quanto ha totalizzato lo scorso anno nel mondo la messa in onda dell’Eurovision Song Contest, che noi italiani da sempre chiamiamo Eurofestival. Si tratta di una manifestazione musicale nata nel 1956 e ispirata dichiaratamente al Festival di Sanremo. E poiché come sapete Sanremo è una delle mie… debolezze, poteva non piacermi l’Eurovision Song Contest? E infatti lo seguo da sempre, anche negli anni dal 1998 al 2010, in cui la RAI – come sempre attenta ai gusti del pubblico di nicchia e non agli ascolti… no comment – decise di non partecipare e di non trasmettere l’evento, che quindi noi appassionati dovevamo cercare sulle reti estere. Dal 2011, grazie alla richiesta insistente di un gruppo di fan ed all’interessamento di Raffaella Carrà, la televisione di Stato è tornata sulle sue decisioni. Nel frattempo il concorso è cresciuto di importanza e nel numero dei partecipanti che ora sono sempre più di 40 ed ha accolto anche nazioni non proprio europee come l’Australia, il cui pubblico era da sempre un grande appassionato dell’Eurofestival. Così l’Eurovision Song Contest ora si svolge in tre serate: due semifinali e una finale, cui l’Italia, la Francia, il Regno Unito, la Germania e la Spagna (detti i “Big Five”) accedono di diritto, insieme al paese ospitante, in qualità di soci fondatori. Gli altri possono invece essere eliminati nel corso delle prime due serate. Stasera si comincia con la prima semifinale, in onda su Rai 4 alle 20.50 (la gara proseguirà poi giovedì sempre su Rai4 e sabato la finale su Rai1). L’Italia ha vinto solo due volte: la prima nel 1964, quando a Copenaghen Gigliola Cinquetti trionfò con Non ho l’età. La seconda solo 28 anni dopo, con Toto Cutugno, a Zagabria con l’abbastanza dimenticata, da noi, Insieme: 1992. Come vuole il regolamento, il Paese vincitore deve ospitare l’edizione seguente. Pare che l’organizzazione sia costosissima e quindi non sempre chi vince è contento. Sabato per noi canteranno Ermal Meta e Fabrizio Moro, in qualità di vincitori del Festival di Sanremo. All’edizione di quest’anno partecipano 43 paesi: 42 aderenti all’ente organizzatore più l’Australia. La regola fondamentale è una: ciascun Paese non può votare per il proprio rappresentante, né con il televoto, né tramite la giuria nazionale. I “big 5” e il paese ospitante (Portogallo) sono ammessi come ho detto direttamente alla serata finale, ma per regolamento devono obbligatoriamente votare in una delle due semifinali. Noi potremo votare con il telefono giovedì sera e poi ovviamente sabato, ma sempre non per Ermal Meta e Fabrizio Moro ovviamente. L’Italia tra gli scommettitori è data al nono posto mentre la canzone favorita per la vittoria di quest’anno è quella di Israele. Ma non sempre le previsioni si sono poi rivelate esatte. Staremo a vedere. Intanto stasera potremo ascoltare da Lisbona (il Portogallo ha vinto l’edizione 2017) le prime 19 canzoni. Rai 4 ore 20.50. Buon divertimento. ALL ABOARD!

Tutti critici musicali (per una settimana)

È finita la settimana del Festival di Sanremo. Nell’era dei social, da qualche anno, ma in questa edizione mi è sembrato ancora di più, tutti siamo diventati critici musicali e televisivi nonché esperti di look. Mi direte: è sempre stato così, una volta i commenti si facevano il giorno dopo al bar, nei negozi o in ufficio, ora si scrivono su Facebook e Twitter. A me non pare però che sia proprio la stessa cosa: adesso si è molto più cattivi, purtroppo spesso molto più maleducati direi. Per una settimana anche le persone più miti diventano “leoni da tastiera”, con giudizi oltre il limite dell’offensivo. Senza contare che un tempo parlandone al bar gli interessati non sentivano, mentre adesso si mettono gli hashtag proprio per fare in modo che quanto scriviamo possa essere letto anche da chi è aspramente criticato. Per l’evento televisivo tutta questa amplificazione è la benvenuta ovviamente. Notavo poi un accanimento particolare da parte di colleghi dei cantanti o addetti ai lavori non coinvolti nel Festival. Davvero un atteggiamento totalmente inelegante, che ho paragonato al fastidio che si prova quando un idraulico o un elettricista si mette a criticare il lavoro fatto prima di lui in casa nostra da altri idraulici o elettricisti. Comunque la settimana è stata faticosa, come prevedevo…

Perché Sanremo è Sanremo – 4

2003. Torno a Sanremo dopo 17 anni! E non più per una radio, ma per un musical, “Pinocchio”, con le canzoni dei Pooh, la regia di Saverio Marconi e un cast strepitoso. Il nostro quartier generale era il cinema Ritz, nei sotterranei dell’Ariston, una volta sala stampa del Festival ma ora troppo piccolo per questo uso.  Insomma: erano cambiate tante cose, ma al timone del festival c’era sempre Pippo Baudo, affiancato da Serena Autieri e Claudia Gerini. (continua dopo foto e video)



2007. Si torna al festival presentato sempre da Baudo con Michelle Hunziker, che proprio in quel periodo lavora per Compagnia della Rancia, al Teatro della Luna di Milano/Assago, in “Cabaret” per la regia di Saverio Marconi. Si arriva quindi all’Ariston con quasi tutto il cast, capitanato da Christian Ginepro/Maestro di cerimonie. (continua dopo il video)

2008. Ancora Baudo che ci ospita con il nostro “High School Musical”, prima produzione teatrale Disney originale in Italia, per la regia di Saverio Marconi e Federico Bellone. Un cast giovanissimo ed entusiasta che porta grande energia sul palcoscenico dell’Ariston, dove affiancano il Pippo Nazionale Piero Chiambretti, Bianca Guaccero ed Andrea Osvárt.  (continua dopo il video)

E per ora le avventure sanremesi finiscono qui. E adesso tutti pronti per il gran finale del festival 2018, stasera e domani. Per stasera, finale dei giovani, il mio tifo va a un brano che è un pugno nello stomaco: “Stiamo tutti bene” di Mirkoeilcane.  Ascoltatelo bene, grazie.

Perché Sanremo è Sanremo – 3

1984. Il Festival aumenta d’importanza ogni anno di più. E aumenta anche la confusione nel centro di Sanremo. Inizia l’era Pippo Baudo, che presenta affiancato da Edy Angelillo, Elisabetta Gardini, Iris Peynado e Tiziana Pini più due bambine. Tra i cantanti in gara ricordo ovviamente Patty Pravo, che riuscii anche ad intervistare, e la sua Per una bambola. Vinsero Al Bano e Romina con Ci sarà e le canzoni che ebbero maggior successo furono Non voglio mica la luna di Fiordaliso, Nuovo swing di Enrico Ruggeri e Come si cambia di Fiorella Mannoia. Nelle nuove proposte debuttò con Terra promessa Eros Ramazzotti che vinse appunto fra i giovani. Tra gli ospiti rimasi ovviamente molto colpito dai Queen con Freddie Mercury, da Bonnie Tayler, dai Culture Club di Boy George e da Mark Knopfler. Alcuni di loro purtroppo cantarono però in playback… Anche in quell’anno si dormiva davvero pochissimo. continua dopo il video

1985. Ancora Baudo al timone affiancato da una certa Patty Brard, di cui credo che dopo si siano perse completamente le tracce. Il Festival diventava sempre di più una macchina elefantiaca e Sanremo sempre più invivibile in quei giorni. Musicalmente non fu un festival da ricordare, anche perché non solo non c’era l’orchestra dal vivo, ma quell’anno addirittura cantarono tutti in playback. Vinsero i Ricchi e Poveri con Se m’innamoro; tra le altre presenze degne di nota Luis Miguel con Ragazzi di oggi, Eros Ramazzotti, sesto classificato con Una storia importante, e Zucchero con Donne. Nelle nuove proposte, vinte da una tal Cinzia Corrado, ricordo i debutti di Mango e Lena Biolcati. Gli ospiti che ricordo sono i Village People, I Duran Duran, gli Spandau Ballet e soprattutto i Frankie Goes to Holliwood con The Power of Love. Grande emozione anche per Claudio Baglioni che cantò dal vivo accompagnandosi al pianoforte Questo piccolo grande amore. Si continuava a dormire davvero poco. continua dopo il video

1986. L’ultimo “mio” Sanremo degli anni ’80. Presentava Loretta Goggi, prima donna a condurre da sola la manifestazione. Fu l’anno della consacrazione di Eros Ramazzotti che vinse con il brano Adesso tu. Tra le altre presenze degne di nota Renzo Arbore con Il Clarinetto, Mango con Lei verrà, Rossana Casale (che in anni successivi ho conosciuto avendo interpretato alcuni musical) con Brividi. Nelle nuove proposte vittoria di Lena Biolcati con Grande Grande Amore scritta da Stefano D’Orazio (e mi è capitato in seguito di lavorare con entrambi… i casi della vita). Tra gli ospiti ricordo con emozione Sting e la sua Russians, i Drum Theatre con Eldorado e soprattutto i Depeche Mode con Stripped. Ma ormai davvero Sanremo era invivibile e soprattutto la RAI tendeva ad escludere completamente le radio private, quindi per poter realizzare qualche intervista bisognava faticare davvero tanto. Dall’anno successivo iniziavano anche ad aumentare le serate, nel 1987 e 1988 quattro e dal 1989 addirittura cinque. E io sono tornato a vederlo in televisione, a parte qualche incursione negli anni 2000.

Perché Sanremo è Sanremo – 1

Stasera si comincia. Inizia la settimana faticosa. 1980: il mio primo Sanremo. Nel senso che per la prima volta l’ho visto dal vivo, al Teatro Ariston. Ci andai per la radio RTL di Tortona, ma soprattutto per passione e curiosità, e solo nella serata finale. Anche perché in gara quell’anno c’era un cantante tortonese, Bruno Noli in arte Bruno D’Andrea, che, dopo il successo di “Nano Nano”, sigla del telefilm “Mork & Mindy”, si presentava in gara con “Mara”. Ma poi era l’anno di Claudio Cecchetto con Roberto Benigni, del bacio ad Olimpia Carlisi, dello scandalo per aver detto “Wojtilaccio”. E fu comunque l’anno del rilancio della manifestazione dopo un po’ di anni bui. Vinse Toto Cutugno con “Solo Noi”, ma quello che ricordo maggiormente di quella serata sono le splendide hostess della sigarette Muratti Ambassador, l’improbabile tinta dei capelli del debuttante Enrico Ruggeri con i Decibel, la, diciamo, “esuberanza” e “goliardia” di Silvia Annichiarico che si aggirava per la platea e la sala stampa dicendo in tutte le interviste solo  “Festivalazzo… festival del…”, la signorilità di Peppino Di Capri e la sua cortesia nel rispondere alla mia intervista. Ma la cosa che mi colpì di più in assoluto fu la classe, lo stile e la voce di Dionne Warwick, ospite della serata.

Una settimana faticosa

La prossima sarà la settimana più faticosa dell’anno. Per me intendo. Chi mi conosce lo sa. Sa che quello che racconterò ora è proprio vero. Ebbene sì, io ho una insana passione. Un interesse per qualcosa che so essere di basso livello ma che forse mi affascina proprio per quello. È una mania che mi porto dietro da quando ero proprio bambino. Ho ricordi vividi che risalgono al 1961, quando avevo 4 anni e sempre più “a fuoco” per gli anni successivi, senza soluzione di continuità fino ad oggi. Sull’argomento vanto una conoscenza non comune, di nessuna utilità, ma ormai l’ho acquisita. Avrete capito che sto parlando della manifestazione più discussa, più criticata, ma anche più vista che si tenga in Italia: il Festival di Sanremo. Da sempre seguo tutte le serate, Dopofestival compreso. Ma poiché vederlo da soli non è bello, costringo anche mia moglie a fare per 5 giorni le ore piccole. Insomma alla domenica siamo sempre due zombie da buttar via. Ma non c’è nulla da fare. È più forte di me. Quindi da martedì prossimo non telefonatemi dopo le 20.30 tanto non risponderei; non invitatemi da nessuna parte perché non c’è alcuna possibilità che io venga, a meno che non abbiate dei biglietti per assistere allo spettacolo direttamente dal Teatro Ariston: in quel caso potrei accettare, anche se è decisamente faticoso. Ho seguito “live”, per lavoro, numerosi Festival (dal 1980 al 1986 e poi più recentemente tra il 2003 e il 2008) e forse non ho più l’età per sopportare quel caos indescrivibile che si vive a Sanremo in quella settimana. Ma da casa lo seguo e non mi importa assolutamente di chi mi critica per questo. Del resto non sarà peggio che seguire il calcio 365 giorni l’anno, no?