Un popolo che dimentica

Qual è il popolo che dimentica? Lo diceva già Trilussa, come ci ricorda il bravissimo attore Elio Germano nel video qui sotto che vi invito a vedere.  Gli italiani sono un popolo che dimentica.  Dimentichiamo velocemente un po’ tutto: i nostri miti, le nostre paure, i nostri errori. Dimentichiamo chi siamo stati, da dove arriviamo, le nostre esperienze. . Il filmato che segue secondo me lo spiega benissimo a chi vuol capire, senza bisogno di aggiungere altro. Guardatelo: dura solo poco più di 3 minuti.

Odio i messaggi vocali

Voi usate i messaggi vocali? Vi piacciono? Sapete che secondo le statistiche, solo su WhatsApp, ne vengono scambiati oltre 200 milioni al giorno? Io li odio, soprattutto se usati per lavoro, visto che già non tollero l’uso di WhatsApp al di fuori delle amicizie. Forse è una questione d’età, ma proprio mi danno fastidio.   In primo luogo perché non porto auricolari e quindi se sono in pubblico non mi va di farli ascoltare a tutti. Ma non è solo questo. Utilizzare un messaggio vocale anziché scritto mi fa pensare che la persona che me lo manda ha ritenuto che io non fossi degno di fargli perdere quei 2 minuti in più per scrivere (e magari meditare meglio) quello che doveva comunicarmi. E poi mi sembra che in questo modo si voglia evitare il dialogo. Qualcuno dirà che i messaggi non costano, telefonare sì:  adesso però si può telefonare anche con WhatsApp o Messenger a costo zero ed in ottima qualità audio. Se si vuole essere più discreti e si pensa che la telefonata possa disturbare il messaggio scritto è sicuramente più elegante e riservato. Io poi sono per una comunicazione rapida, veloce, essenziale e spesso invece ricevo messaggi vocali lunghi, noiosi e ridondanti che non si possono neppure scorrere velocemente, cosa che invece si potrebbe fare con uno scritto ugualmente prolisso. Vabbè dai sì, datemi pure del vecchio brontolone… lo sono del resto.

Viva i titolisti

Una delle cose che mi diverte moltissimo è leggere i titoli degli articoli, soprattutto sui giornali locali, ma non solo. E non parlo ovviamente di quelli creati ad arte solo per catturare click, ma di quelli nati spontaneamente, probabilmente da qualcuno evidentemente privo di senso dell’umorismo. Non si può spiegare diversamente infatti un titolo, ad esempio, come “Cinese ucciso a coltellate: è giallo” oppure “Caccia alla pompa low cost” o  “Si è spento il giovane ustionato” o ancora “Muore prima del funerale”. Non sono invenzioni, ma titoli davvero apparsi su vari quotidiani.  Vi aggiungo anche “In cinquecento contro un albero, tutti morti”, “Scuola negata a due sorelle sorde. Inascoltato ogni appello” e il capolavoro: “Falegname impazzito, tira una sega a un passante” (e questa era sul “Corriere della Sera”, eh!).
Diversi anni fa il teatro per cui lavoravo, il Civico di Tortona, ospitava anche i concerti di un’associazione musicale, giustamente molto orgogliosa dei propri eventi. In particolare in quella stagione spiccava un prestigioso duetto di pianoforte e fagotto. Inviati i comunicati stampa, uno dei giornali locali intitolò “Come ti infagotto il pianoforte”. Sipario.

Fa bene parlare con gli sconosciuti

Dagli USA arriva una notizia, pubblicata dal Corriere della Sera, secondo cui Attaccare bottone su un treno, o in una sala d’aspetto, con qualcuno che non conosciamo, e che presumibilmente non incontreremo mai più, è un atto benefico, un piccolo ma significativo espediente di igiene mentale… Oggi ce ne stiamo tutti zitti, imprigionati nelle cuffiette, oppure ammorbiamo chi ci sta vicino parlando con qualcuno che non è lì. Ormai sembriamo tutti quei nevrotici descritti da Freud in un geniale e profetico saggio del 1909, sempre chiusi nella loro testa a tessere un romanzo senza né capo né coda, che ci risarcisca delle ingiustizie (vere o presunte) della vita. Ed è così che stiamo sempre a contatto con tanta gente, fin troppa gente, ma non impariamo mai nulla. Mi riconosco in effetti. Non porto le cuffiette (ma non escludo di cominciare) ma non sono tra coloro che amano parlare nelle situazioni di cui sopra. Se sono con mia moglie delego a lei, che invece ha una vera specializzazione nel socializzare con chiunque, ma se sono da solo difficilmente proferisco parola di mia iniziativa. Però generalmente non sono infastidito se sono gli altri ad intavolare una conversazione. Anzi, sono nate anche delle amicizie perché qualcuno ha preso l’iniziativa di interpellarmi. Quindi, se mi incontrate su un treno (rarissimo) o in una sala d’aspetto (raro), non esitate a rivolgermi voi la parola. Grazie.

Il caracal

Non dovrebbe trattarsi di una fake news in quanto è stata pubblicata sulla pagina facebook ufficiale del Comune di Milano. Pare che nel capoluogo lombardo si aggiri al guinzaglio un caracal, felino selvatico che vive in Africa e Asia. È un animale pericoloso detto anche “lince del deserto”. Ora: cosa può spingere una persona a vivere con un animale di quel genere a Milano non è dato sapersi. Fatto sta che il Comune invita tutti a collaborare per cercare di trovare questa persona ed il suo animaletto da compagnia.
Certo che siamo proprio strani: magari quel cittadino o cittadina è un no-vax e poi si tiene in casa un felino pronto a sbranare la sua famiglia.
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Come si cambia

Oggi pensieri del tutto personali. Chi mi segue sui social sa che vado in palestra tutti i giorni, sette giorni su sette. È ormai una vera e propria fissazione direi, un rito quotidiano cui difficilmente rinuncio. E pensare che fino al settembre 2014, cioè fino a quasi 58 anni, non avevo mai fatto attività fisica, non mi piaceva fare ginnastica, neppure alle scuole medie, il solo pensiero di entrare in una palestra mi faceva orrore. Fare camminate? Non se ne parlava proprio. Poi, nell’agosto 2014 appunto, ho avuto un … “incidente di percorso” piuttosto grave, dovuto sicuramente al mio tenore di vita, al fatto che ero in forte sovrappeso, al fatto che per anni avevo fumato – e non poco – e vivevo una vita decisamente stressante. Sono stato fortunato perché ho avuto una “seconda occasione”. I medici mi hanno prescritto 30 minuti  di cyclette tre volte alla settimana e quindi ho iniziato appunto a frequentare la palestra. Poiché la tendenza ad essere sempre esagerato in tutto non si è comunque affievolita, alla cyclette ho iniziato ad affiancare il tapis roulant; successivamente altri esercizi…  e da tre volte alla settimana sono passato a cinque e poi a sette.
Ma in realtà racconto tutto questo per invitare chi si comporta come mi comportavo io prima dell’agosto 2014 a cambiare le proprie abitudini di vita senza aspettare un “incidente di percorso”. Lo so che si tende a mettere la testa sotto la sabbia, che non si presta ascolto a nessuno, che tutto deve partire da se stessi, ma io voglio provare lo stesso a mettere in guardia. Prima di tutto perché, come dicevo, io sono stato molto fortunato e non a tutti è concesso. E poi perché anche se il tutto si risolve bene, dopo un periodo con il timore (fortunatamente infondato) che nulla possa più essere come prima, una ferita non fisica resta; resta una sorta di lacerazione interna,  resta per molto tempo un senso di colpa latente per non aver saputo prevedere quanto è accaduto, per le preoccupazioni che si sono provocate a chi ci vuole bene e ci sta vicino. Tutto torna ad essere “come prima”, le giornate e il lavoro saranno “come prima”, ma tu, dentro,  non sarai mai più “come prima”. Insomma, anche se è nulla in confronto a tragedie davvero sconvolgenti che tante persone devono affrontare nel corso della vita, se si può evitare è decisamente meglio.  Non fate come me. Pensateci.
Come si cambia.

Canzone per una buonasera e una buonanotte

Come ho detto, da diversi anni ogni sera condivido su Facebook e su Twitter una “canzone della buonanotte” ed ora ogni tanto la pubblico pure qui. Questo è un brano che mi piace moltissimo, tratto un musical davvero “cult”. È la versione di “Do You Hear The People Sing?” del musical “Les Miserables” tratta dal celebre film del 2012 diretto da Tom Hooper ed interpretato da un cast stellare.

Un giorno dopo l’altro

Ieri sera sono stato alla Salumeria della Musica di Milano alla presentazione del nuovo CD dei Favonio, il cui cantante Paolo Marrone è mio amico da un po’ di anni.  È un album dedicato a Luigi Tenco e contiene alcuni tra i brani meno popolari del cantautore, scomparso nel 1967. Ha già pensato Marco Mangiarotti de “Il Giorno” a dedicare una critica più che positiva a questa fatica discografica del gruppo foggiano e io, che critico musicale non sono, mi limito quindi a consigliarvene l’ascolto perché davvero sono brani molto suggestivi (e quello che vede il duetto con Mimmo Borrelli del brano “Com’è difficile” – una parte tradotta in napoletano – è davvero straordinario). Quello su cui ieri sera riflettevo con mia moglie è che Tenco, oggi, avrebbe quasi 80 anni e la cosa ci sembra davvero incredibile. Incredibile che siano passati già 50 anni dal suo gesto estremo e che, all’epoca, a neppure 29 anni, avesse già scritto testi così poetici e profondi.

 

Ricordando la radio degli anni ’70

Oggi vi offro a prezzo scontatissimo –  pari a zero – un po’ di radio fatta da me negli anni ’80. Era RTL di Tortona (AL) e mi ha visto tra i protagonisti tra il 1976 e il 1986. Ho iniziato con 30 minuti alla settimana e poi, visto che la tendenza all’esagerazione fa parte del mio carattere, avevo occupato gran parte del palinsesto (e sconfinato anche in altre radio della zona: Radio Gold e Radio Più). Ho ritrovato tempo fa un po’ di sigle e “stacchetti” e qualche registrazione di scherzi telefonici realizzati sotto la mia direzione per un programma che avevo intitolato “Ma Che Follia!”. Se vi va… buon ascolto.






TUTTO QUESTO È MOSTRUOSO

L’altro giorno su diversi giornali locali e nazionali è stata pubblicata la notizia di una bambina musulmana di 9 anni stuprata dall’uomo di 35 a cui era stata data in sposa. Ne hanno riferito e commentato fra gli altri da Libero, Giornale, GazzettinoSecolo d’ItaliaIl Fatto Quotidiano; Mattia Feltri ha dedicato a questa notizia il suo Buongiorno su La Stampa. Successivamente il Fatto Quotidiano ha verificato la notizia con i Carabinieri di Padova, pubblicando la loro dichiarazione in cui affermano trattarsi sicuramente di una notizia falsa, e scusandosi per la pubblicazione. Stessa cosa ha fatto Mattia Feltri. Resta il fatto che forse le notizie dovrebbero essere verificate prima di essere pubblicate, ma anche le scuse a posteriori possono essere apprezzate.  Naturalmente nel frattempo i social sono stati invasi dai commenti più scontati contro l’immigrazione e la cultura dell’accoglienza. Matteo Salvini non si è fatto scappare l’occasione di twittare “TUTTO QUESTO È MOSTRUOSO” (sì proprio con questo elegante carattere tutto maiuscolo) e, al momento, senza alcuna scusa pubblicata.

Ma ieri i giornali hanno anche dato un’altra notizia, di un fatto questa volta avvenuto a Ravenna, dove un uomo italiano è accusato di aver avuto rapporti sessuali con una ragazzina di 14 anni, “fidanzatina” del figlio, alla quale avrebbe anche mostrato video pornografici per una sorta di educazione sessuale rapida. Ecco: su questa notizia non ho letto commenti, non ho letto insulti: nulla di nulla. Questo, che è un fatto vero, NON È MOSTRUOSO?